Il Pensiero vola e va fra l’America e l’Europa: Carl Rogers
Oggi ci occupiamo della collana Capire la Psicologia edita dalla casa editrice Hachette, per planare sulle ali della mente, condividendo i battiti delle idee, sostanzialmente per afferrare qualcosa che ci elevi in alto e non ci conduca solo a speculazioni psicologiche fine a sé stesse.
Questa settimana il comitato scientifico di Anna Giardini si è soffermato sull’analisi della figura di Carl Rogers (pp 134 ediz Hachette).
Lo schema è quello classico di contestualizzazione del personaggio, inquadramento dell’autore, approfondimento del pensiero ed in ultima analisi esempi pratici di applicazione delle sue teorie.
Teoria e pratica viaggiano sempre sulle pagine di questi libri su binari paralleli che ben armonizzano le proprie definizioni ed i propri concetti. Carl Ransom Roger incarna la figura di spartiacque fra i due grandi orientamenti degli anni cinquanta, il pragmatismo americano e la tradizione psicoanalitica europea.
Egli sviluppa una concezione ottimistica della persona ribadendone la sua centralità e considerando il paziente non un malato, ma un cliente che prima di tutto è un individuo con angosce e difetti, ma nella stessa maniera con pregi e qualità, oltre a risorse inesauribili. Su quelle bisogna lavorare per scacciare i cattivi pensieri.
Egli nasce l’otto gennaio 1902 a Oas Park, sobborgo di Chicago. Formato in una famiglia cattolica mantiene in tutti i momenti salda la fede e non si discosta mai dai dettami, tenta però prima negli studi, negli interessi e nella crescita, poi nella sua attività di specialista, di rendere Cristo presente all’interno del mondo della scienza, della psicologia ed ovviamente nella cura dei pazienti. Cristo è infatti portatore di libertà individuali nel rispetto della libertà degli altri e nella devozione dell’Assoluto.
Filo conduttore della ricerca di Roger è la tendenza attualizzante, la spinta di ciascuno verso la messa in atto di atti che completino e concretizzino le nostre potenzialità.
Tutto parte dall’ascolto empatico, la capacità di ascoltare, immedesimarsi, mettersi nel corpo e nel vestito di altre persone, Verstehen in tedesco, ovvero comprendere senza giudicare ma individuando situazioni simili alla propria nell’esperienza altrui, ragionando per analogia. Così come il cristianesimo ci trasmette il messaggio che si giudica il peccato e non il peccatore, allo stesso modo si studia la persona e non si isola un semplice comportamento sbagliato. Un ribaltamento che sancisce come in Roger vanno di pari passo la fede e la scienza.
Ed infatti la sua è una psicologia umanistica, con un vero approccio centrato sulla persona, nel senso che il punto focale è rappresentato dall’individuo non dal problema; ogni individuo è degno di fiducia, ha il suo valore che talvolta non emerge a causa di blocchi emotivi, influenze esterne e non in ultimo la paura di essere giudicati.
Per Rogers il ruolo del terapeuta diventa quello di facilitare il cliente attraverso un clima di accettazione di sé stesso con l’empatia ed attraverso la responsabilizzazione della persona che si considera malata.
Il suo obiettivo non è quello di risolvere semplicisticamente i problemi dei suoi clienti, ma quello di mettere l’Uomo nella condizione di accettare i propri limiti, trasformandoli in occasioni propizie e straordinarie per governare le proprie carenze e compensarle con un colpo d’ala che rilanci le potenzialità umane inespresse.
La crisi può prendere le sembianze e sostanziarsi in un’opportunità di crescita e di miglioramento.
La responsabilizzazione è l’input per far capire alla persona in cura che da sola riuscirà a venire fuori dall’angoscia tramutando una caduta in un volo felice.
Rogers prima si guarda dentro, poi legge nell’anima e nel cervello degli esseri umani fornendo agli stessi gli strumenti per assaporare da soli quelle pagine bianche dentro l’anima di ognuno che hanno solo bisogno di essere sporcate con l’inchiostro della vita sana e pensata.