Intervista a Federica Rezzi, vincitrice della finale regionale del Lazio MArteLive, sezione “Artigianato”
Vincitrice della sezione “Artigianato” della finale regionale Lazio MArteLive, Federica Rezzi inizia a lavorare il metallo nel 2011 a Berlino. Negli anni sperimenta la sua creatività con diversi materali, come il legno, la ceramica e le pietre, da accostare all’argento e al bronzo.
Ho avuto il piacere di intervistarla.
- Buonasera Federica, ti ringrazio per l’intervista. Sei stata una delle due vincitrici della sezione “Artigianato” della finale regionale Lazio MArteLive. A distanza di mesi quali emozioni ti porti dietro?
Sicuramente MArteLive è stata una bellissima esperienza. È stato bello concentrarsi sul creare una nuova collezione per il concorso ed è stato interessante e stimolante il confronto con il pubblico durante l’evento della finale. Inoltre sono felice di poter partecipare anche alla Biennale ad ottobre: sarà nuovamente un’occasione per mettersi alla prova e sto già lavorando a un nuovo progetto da presentare.
- La collezione “Blume”, una delle due presentate al MArteLive, è ispirata alla natura. Colori e forme diventano gioielli. Come nasce l’ispirazione alla creazione?
Di solito le mie collezioni nascono da una ricerca che si sviluppa in varie fasi. Dedico molto tempo allo studio delle forme, ai colori, alla ricerca delle superfici. Penso che i gioielli non siano solo un semplice ornamento ma possano rappresentare qualcosa di importante e abbiano un significato per chi li indossa e anche per che li crea. Richiamano alla mente ricordi ed evocano immagini e sensazioni ed è proprio questo per me il punto di partenza per la creazione. Inizio con un’idea, un’immagine che mi colpisce, in genere si tratta sempre di qualcosa che mi affascina e che cattura la mia attenzione. Dall’osservazione passo poi alla rielaborazione e cerco di sintetizzare le linee e i colori in una forma che abbia equilibrio. Iniziando a disegnare metto su carta, prima liberamente e poi in modo più selettivo, ogni idea che piano piano mi permetta di arrivare alla forma desiderata e alla realizzazione dell’oggetto. Credo che i miei gioielli mi rappresentino con l’insieme dei miei gusti, la mia sensibilità e mi piace cambiare e creare cose diverse che riflettano i cambiamenti, le trasformazioni e le nuove esperienze. Sicuramente l’osservazione della natura, delle sue forme e dei movimenti è uno degli elementi che maggiormente è fonte di ispirazione. Come nella collezione “Blume”, dove però non ho voluto ricreare delle forme organiche ma piuttosto creare un contrasto tra la grande forza espressiva del colore dato dalle pietre, come presente in natura, e tra le forme quasi geometriche ma che danno lo stesso il senso del movimento e della diversità.
- I tuoi gioielli hanno al centro le pietre. Cosa ti avvicina a questo materiale?
Le pietre sono un grande amore. Ho una passione per la gemmologia e nei miei gioielli mi piace usare qualsiasi tipo di pietra, da quelle più note a quelle meno conosciute, ma che possono avere dei colori meravigliosi. Amo tutto delle pietre, sceglierle, scoprirne di nuove, comprarle e incastonarle. Un po’ meno amo quando si rompono mentre le sto incastonando, cosa che purtroppo può succedere, ma anche questo fa parte della natura del materiale che ha durezze diverse e che può essere in alcuni punti delicato e che di conseguenza va rispettato. Incastonare le pietre è un po’ un rituale fatto di varie fasi e tutte hanno pari importanza.
- La seconda collezione è “Forget me K-not”. Il metallo è arrotolato in modo irregolare e crea un nodo. Quest’ultimo è simbolo di ricordo, qualcosa che nonostante il fluire della vita non deve cadere nell’oblio.
Ho pensato a questa collezione come qualcosa di molto personale e intimo. Volevo rappresentare il gesto di fare un nodo al fazzoletto per ricordare qualcosa. Il nodo è il simbolo di ciò che è veramente importante per noi e che non dobbiamo dimenticare. Tra i giri del metallo si inseriscono delle perle o delle pietre dure che sono il collegamento tra presente e passato, tra noi e gli altri. Anche per questa collezione una grande spinta è venuta dalle pietre e dalla necessità di utilizzare le palline rimaste da varie collane rotte e che appartenevano a persone care. In questo modo il gioiello non è solo un oggetto che abbellisce ma è un racconto della nostra storia, è il mezzo con cui si possono portare con sé dei ricordi, dei pezzi di vita. Inoltre, poter dare una nuova vita a dei gioielli che non si usano più è uno dei tanti aspetti del mio lavoro che trovo molto stimolante.
- Hai iniziato a lavorare il metallo a Berlino. Quanto ha influenzato la tua arte la città tedesca e credi un giorno di ripartire?
All’inizio Berlino ha influenzato molto la mia produzione. Le forme dei miei gioielli erano molto più lineari, ispirate all’architettura e ho sperimentato molto con i materiali, da metalli preziosi, come l’argento e il cemento, a quelli di recupero rimodellati. È stata una fase importante della mia vita, soprattutto perché è da lì che ho iniziato a credere che questo potesse essere il mio lavoro: ero partita per cercare di cambiare vita e ci stavo riuscendo e questo è stato molto importante per me. Nonostante tutto ciò non credo che ci siano possibilità di tornare a vivere lì, quel capitolo è chiuso. Sicuramente tra i progetti futuri c’è quello di ricominciare a vendere i miei gioielli anche lì, ripartendo dai miei contatti e spero allargando le vendite anche ad altre città. Mi dedicherò a questo e, sperando di poterlo realizzare nel prossimo futuro, alla creazione di uno shop online.
Facebook
https://www.facebook.com/pg/federicarezzigioielli/
Instagram
federicarezzigioielli