“L’inganno”: l’ingannevole salvezza di un soldato americano nell’ultimo film della Coppola
“L’ inganno” di Sofia Coppola inizia con una scena da fiaba di cappuccetto rosso e finisce con un forte richiamo all’ultima cena.
La storia è ambientata durante la guerra di secessione americana. Alcune giovani donne, di età e predisposizioni d’animo molto diverse, continuano a svolgere normali e rassicuranti faccende domestiche mentre in lontananza si sentono i rumori della battaglia.
L’equilibrio che regna nel collegio femminile Farnsworth Seminary, tra ricami, preghiere e lezioni di francese, s’incrina quando il giovane caporale John McBurney (Colin Farrell) viene salvato da Amy (Oona Laurence): colei che più
di tutte le altre studentesse ha amore e compassione verso qualsiasi essere vivente. È lei che conduce il suo personale “lupo cattivo” verso un’ingannevole salvezza.
All’inizio del film il caporale sembra tessere in modo magistrale la tela in cui, quasi senza sforzo, intrappola ognuna delle abitanti della casa. Non mi è ben chiaro se il caporale faccia il playboy per il gusto di farlo (e per esercitarsi nella recitazione mostrando un volto diverso per ogni donna con la quale si interfaccia) o per far passare più velocemente il tempo prima di coronare un sogno d’amore con Edwina Morrow (Kirsten Dunst). Edwina si aggrappa alla possibilità di cogliere quella che crede essere la sua unica chance di sfuggire al morboso controllo di Miss Martha (Nicole Kidman).
Il personaggio interpretato da Nicole Kidman a parer mio è il più bello e il più complesso di tutta la pellicola. Miss Martha è una donna autoritaria, granitica, intransigente. Si relaziona con John da pari, attingendo probabilmente alla “parte maschile” che ogni donna possiede dentro sé. Il suo vacillare è ipnotico: concede a sé stessa solo poche frazioni di secondo per provare attrazione per il soldato e poi rimette spessi muri tra sé e lui.
Il cambio di registro del film si ha nel momento in cui le fanciulle capiscono che l’ospite sta giocando con ognuna di loro. Infatti smettono di contendersi l’attenzione di John e tornano a far fronte comune e unite e compatte – con la sopravvivenza come scusa – cercano il modo più “elegante” per vendicarsi.
Miss Martha le guida anche in questa esperienza di vita. È responsabile per tutte le altre, ma in fondo credo sia stata l’artefice di tutto fin dal principio. Infatti dichiara spesso di voler denunciare la presenza del caporale ai soldati che spesso passano nei pressi del collegio ma non lo fa mai! Perché? Miss Martha non è la compassionevole Amy, non è l’ingenua Edwina, non è la superficiale Alicia (Elle Fanning). Ho il sospetto che sin da subito la leader abbia pensato ad una personale vendetta nei confronti del soldato. Non so se sia stato per puro sadismo o per una questione politica (nordisti versus sudisti?) o a causa dell’aridità interiore che ogni guerra porta con sé ma non credo che una persona inconsapevole dell’epilogo sarebbe riuscita a far cucire addosso, letteralmente, senza batter ciglio, letteralmente, l’oscurità al malcapitato John McBurney.
Sofia Coppola ci regala uno spaccato realistico del fenotipo femminile davvero apprezzabile. Ogni donna seduta in sala può immedesimarsi in almeno una delle protagoniste.
E per quanto la morte di un uomo sia sempre una cosa spiacevole, si prova necessariamente un pizzico di “gioia” quando il mondo femminile prevale su quello maschile. L’inganno maschile è un inganno fisico-adulatorio. Quello femminile è sottile, psicologico, tagliente, pericoloso. Non c’è storia, insomma. Nel film c’è una rivalsa di genere che non fa sconti a nessuno e che non ha tempo e non ha età.
E diciamocelo, siamo tutte un po’ femministe e siamo tutte un po’ stronze.