Olimpiadi invernali 2018: nordcoreani varcheranno il 38° parallelo
Quello che non si riesce ad unire con la diplomazia, lo fa lo sport. Alle prossime Olimpiadi invernali, in programma dal 9 al 25 febbraio a Pyeongchang (Corea del Sud), gli atleti delle Due Coree cammineranno fianco a fianco, dietro la stessa bandiera.
C’è un momento storico di “tregua” tra Corea del Sud e Corea del Nord. Questa “pausa dalla guerra” è dovuta all’apertura dei Giochi Invernali di Pyeongchang, in cui gli atleti e i funzionari che rappresenteranno i due Paesi, sfileranno insieme dietro un’unica bandiera, bianca con lo stemma blu della penisola coreana, portata da due atleti, un rappresentante della Corea del Sud e uno della Corea del Nord. Non è la prima volta che gli Stati asiatici decidono di fermare il loro astio e far camminare i proprio sportivi l’uno accanto all’altro. È successo già nelle Olimpiadi estive di Sidney 2000 e Atene 2004, e in quelle invernali di Torino 2006. Ma questa volta è stato diverso, in quanto ci sono stati due anni di relazioni inesistenti, in cui Kim Jong-un, dittatore nordcoreano, ha minacciato costantemente i sudcoreani di attacchi missilistici.
L’annuncio di marciare insieme, prima era stato dato dai sudcoreani, dopo un incontro nel villaggio della pace, Panmunjom, con i rappresentanti della Corea del Nord. L’ufficialità è stata data successivamente, il 20 gennaio. In quella data, i rappresentanti delle Due Coree si sono riuniti a Losanna, nella sede del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) per discutere il numero degli atleti nordcoreani che parteciperanno ai Giochi il 9 febbraio a Pyeongchang, oltre all’uniforme che dovranno indossare le due delegazioni e il colore della bandiera. Si è deciso, sotto la supervisione del Presidente del CIO Thomas Bach, che saranno 22 gli atleti che gareggeranno nel pattinaggio artistico, nel pattinaggio shoert track, nello scii alpino e in quello di fondo. Tutta la delegazione entrerà nel territorio sudcoreano via terra, superando il 38° parallelo.
Oltre a sfilare insieme, i due Paesi, per la prima volta nella storia, daranno vita a una squadra unica di hockey su ghiaccio femminile. Infatti, tra i 22 atleti nordcoreani, 12 sono le giocatrici di hockey che si uniranno insieme alle atlete sudcoreane. Una decisione che non trova d’accordo l’allenatrice della squadra della Corea del Sud, Sarah Murray, che ha dichiarato: “Non voglio mettere a rischio la chimica della squadra e rinunciare ad alcune colonne della squadra. Le nostre giocatrici hanno guadagnato la loro occasione e credo meritino di andare alle Olimpiadi. Il talento delle ragazze del Nord non è sufficiente per fare la differenza”.
Cenni storici: la nascita delle Due Coree
La divisione della penisola coreana avvenne nel 1945, dopo la vittoria alleata nella Seconda Guerra Mondiale e la fine del predominio dell’Impero giapponese sulla Corea. Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica decisero di dividere lo Stato asiatico lungo il 38° parallelo, una linea immaginaria. La guerra di Corea, dal 1950 al 1953, separò lo Stato asiatico in Corea del Nord, con governo filo-socialista, e Corea del Sud, con governo filo-occidentale. Nonostante ancora in guerra, le Due Coree non hanno rinunciato alla volontà di una riunificazione. Il primo passo avvenne nel 2000, quando il presidente sudcoreano, Kim Dea-Jung, quello nordcoreano, Kim Jong-II, firmarono la dichiarazione congiunta Nord-Sud, con la quale si impegnarono nella ricerca di una soluzione pacifica alla riunificazione. La marcia unita durante le cerimonie d’apertura dei Giochi Olimpici (2000, 2004, 2006), sono ulteriori passi avanti alla realizzazione dell’obiettivo.
Quella volta che Pelé fermò la guerra civile in Nigeria
Non è la prima volta che lo sport è protagonista del “cessate il fuoco”. Storico è ciò che avvenne nel 1969, quando per 48 ore Nigeria e Biafra, che stavano dando vita ad una sanguinosa guerra civile, decisero di smettere di farsi la guerra. Questa scelta venne presa perché entrambe le fazioni avevano lo stesso desiderio: vedere giocare a calcio Pelé e i compagni della squadra brasiliana del Santos. “La gente era così fuori di testa per il calcio da deporre le armi”, queste le parole del campione brasiliano qualche anno dopo ad un giornalista della Cnn.