Il “troppo poco” e il “troppo macho” nella nuova serie di Matt Groening: Disincanto!
C’era una volta a Dreamland una principessa con i denti da cavallo che rifiutò di sposare il suo promesso sposo – perché anelava indipendenza e un matrimonio basato sull’amore – e che mandò su tutte le furie il padre e nel caos il suo regno. Tutto questo in loop.
Questo l’inizio “col botto” di Disenchantment la nuova serie del genio Matt Groening dal 17 agosto disponibile (anche in download!) su Netflix.
Dopo aver deluso tutti, tranne che sé stessa, la principessa Tiabeanie (Bean per gli amici) incontra Elfo e Luci e con loro al suo fianco inizia a esplorare il mondo attorno al suo regno e a pretendere di ricoprire un ruolo più attivo nelle trame di corte.
Essere una principessa le impedisce di fare ciò che vuole e di relazionarsi con gli altri liberamente. Tutti temono l’ira del Re. Ciò nonostante Bean è sempre pronta a correre in soccorso di chi ne ha bisogno e a rimediare agli errori che, per sbadataggine, commette.
Lo so, i cartoni devono in primis intrattenere e far sorridere lo spettatore. Non devono essere necessariamente avvincenti o complessi. Quando però, invece che guardare la tv sul divano ad ora di pranzo e di cena, dobbiamo accedere a Netflix, ovunque ci troviamo, e cliccare ancora e ancora sull’icona degli episodi di Disincanto, capite bene che un pizzico di adrenalina è l’ingrediente tanto segreto quanto necessario per alimentare la nostra curiosità.
L’atto di ribellione con cui inizia questa fiaba non ha sempre un seguito nei successivi episodi che infatti, spesso, perdono ritmo incalzante e complessità narrativa. C’è un netto recupero in termini di “appealing” negli ultimi episodi e, dopo il tragico finale, aspettiamo, ad ogni modo, di scoprire quale sarà la prossima avventura di Bean. Magari nei prossimi 10 episodi ne succederanno davvero delle belle. Aspettiamo e vediamo.
Cos’è che però, per il momento, non convince di “Disenchantment”?
La principessa Bean è troppo “acerba” per far intuire che un giorno potrà essere davvero l’eroina che ci si aspetta diventi. Il demone è troppo poco demone ed elfo è troppo sdolcinato. Gli amici più vicini alla principessa sono la sua coscienza fiabesca, viva e vegeta, a due zampe. La missione de “l’angioletto e il diavoletto” ha un’unica piccola falla: i due si ubriacano spesso e volentieri con colei che dovrebbero “spingere” verso il bene o verso il male.
Fatti salvi i disegni dai colori pastello, molto evocativi e curati nei particolari, le musiche iper medievali e, per il momento, il personaggio di re Zog per il realismo caratteriale che lo contraddistingue, Disincanto non è una serie entusiasmante.
A parer mio il tentativo di creare una vera novità nel campo dei film animati non è riuscito del tutto. Perché? Perché credo che la scelta di centrare tutto il racconto su una figura femminile sia il presupposto del “tocco moderno” ricercato, non il suo traguardo. Creare una protagonista femminile sempre in hangover, che rutta, gioca con i morti e gli essere malvagi non la rende più forte, determinata e moderna ma solo più maschile. E non è propriamente questo l’esempio di emancipazione femminile che cerchiamo oggigiorno.