“A spasso con Daisy” con Milena Vukotic al Teatro Quirino: la recensione
Una straordinaria Milena Vukotic in una commedia delicata e lieve: è stata in scena al Teatro Quirino “A spasso con Daisy”, pièce teatrale del regista Guglielmo Ferro, tratta dall’omonima opera di Alfred Uhry, vincitrice del Premio Pulitzer per la Drammaturgia nel 1988.
“A spasso con Daisy”, adattamento di Mario Scaletta, è la storia di un’amicizia, quella tra un’anziana signora e il suo autista nero.
Milena Vukotic, David di Donatello alla carriera, regala anima al personaggio di Daisy, ricca signora ebrea che vuole apparire povera. La donna ricorda costantemente l’infanzia di povertà, la sua capacità di accontentarsi e rifiuta con sdegno la definizione di donna agiata. Insiste, inoltre, nel voler guidare da sola, nonostante l’avanzare dell’età provochi il rischio di incidenti; solamente con l’insistenza del figlio Boolie (Maximilian Nisi) è costretta ad accettare in malo modo l’arrivo dell’autista Hoke (Salvatore Marino).
Hoke con estrema pazienza sottostà alle bizze della signora che lo rifiuta, non vuole essere vista con uno chauffeur come fosse una donna ricca, lo sospetta di rubare del cibo e gli parla a monosillabi.
“Si inizia con una scatoletta di tonno e si finisce con l’argenteria”.
Con il trascorrere del tempo, tuttavia, la convivenza forzata germoglia e i primi fiori cominciano a intravedersi: accetta il suo aiuto alla guida, iniziano i primi battibecchi ma anche le conversazioni in cui si raccontano. Il rapporto evolve ancora di più quando Daisy, ex insegnante, scopre che Hoke è analfabeta.
“A spasso con Daisy” è una storia delicata eppure dotata di profondo senso: ambientata nell’America degli anni ’50, in cui i pregiudizi e il razzismo vigevano imperanti, racconta un’amicizia lunga un ventennio in grado di superare gli ostacoli dell’età, della differenza sociale e del colore della pelle.
L’opera ha diversi livelli di “lettura” che affronta senza risultare pesante: quando Hoke ammette il suo disagio nel non poter frequentare i bagni pubblici e nell’essere costretto, in caso di necessità, ad accostare in strada emerge la dignità di quest’uomo, interpretato magistralmente da Salvatore Marino, che con il sorriso e l’ironia è in grado di esistere in una condizione di emarginato senza diventarlo.
Straordinari interpreti, perfetti nel ruolo designato, capaci di rappresentare visivamente il trascorrere del tempo, creando l’illusione perfetta.