“Amori e sapori nelle cucine del Principe” con Tosca D’Aquino e Giampiero Ingrassia: la recensione
È stata in scena al Teatro Quirino la commedia “Amori e sapori nelle cucine del Principe” di Roberto Cavosi, da un’idea di Simona Celi, regia di Nadia Baldi.
L’opera, con protagonisti Tosca D’Aquino e Giampiero Ingrassia, racconta una storia ambientata nella Sicilia del 1862. Mentre sull’Italia soffiano i venti del nuovo Regno, nei palazzi nobiliari l’aristocrazia continua a partecipare a balli e banchetti, cercando di non mettere a rischio le vecchie abitudini.
Ma cosa accade nelle cucine del palazzo mentre nei sontuosi saloni si consuma il banchetto?
Nelle cucine c’è la cuoca Teresa (Tosca D’Aquino) intenta a organizzare il lavoro per fare in modo che tutto proceda alla perfezione. Con lei i due confusionari aiutanti e il figlio Carlo che ha preso una licenza per aiutare la madre.
Ad aiutare Teresa nella preparazione del banchetto viene chiamato anche Monsù Gaston (Giampiero Ingrassia), cuoco personale del principe. Sarà il suo arrivo a cambiare lo scorrere della storia perché l’uomo conosce un segreto. Teresa in passato è stata, infatti, una prostituta e amante del principe. Per un’estate ha vissuto con l’uomo nella sua casa al mare, cucinando le ricette di Monsù Gaston.
Il segreto è di quelli che possono cambiare tutto o far rimanere ogni cosa immutata. Carlo è figlio del principe. Quest’ultimo ne è a conoscenza? E cosa farà Teresa sapendo che lo stesso si trova in salone?
“Amori e sapori nelle cucine del Principe” avrebbe potuto essere un testo originale e divertente, grazie anche a un cast talentuoso, ma alcuni elementi lo rendono un esperimento poco riuscito. In primis la storia non si sviluppa ma rimane terribilmente in superficie. Nulla in effetti viene narrato, si apprende solamente uno spiraglio della storia, lasciando nello spettatore “l’acquolina in bocca” e lo “stomaco vuoto”.
Al sopraggiungere dell’alba sul palcoscenico tutto resta immutato eppure si modifica per sempre, l’attesa svanisce e la vita ricomincia la sua quotidianità. Ma allo spettatore cosa rimane? Un labile racconto che avrebbe potuto essere ma non è.
con
GIANCARLO RATTI
e con
Tommaso D’alia, Enza De Rose, Francesco Paolo Ferrara
scene Luigi Ferrigno
costumi Carlo Poggioli
musiche Ivo Parlati