Del silenzio, da quello volontario a quello di svago: la solitudine e la cura
Del silenzio … può essere una cura, uno svago o una prigione. La mondanità, la pressione di una realizzazione sociale. Tra scelta radicale e non del silenzio.
Del silenzio che può essere una cura, uno svago o una prigione.
Del silenzio del ritiro.
Dicevamo del silenzio, che può essere una cura, uno svago o una prigione…
Hikikomori: è il volontario isolamento dalla vita sociale cui si sottopongono migliaia di ragazzi, maschi, soprattutto e giovani, dai 16 ai 30 anni.
Rintracciato da studi disparati per la prima volta in Giappone a partire dagli anni ’80 e fortemente in espansione in Europa.
Del silenzio dello “stare in disparte”.
La mondanità, la pressione di una realizzazione sociale che incombe, li condanna ad una silenziosa prigionia volontaria all’interno della propria casa, stanza, con stravolgimento di orari, notte al posto del giorno, connessione in chat dedicate, e appuntamenti quotidiani, con altri ‘hikikomori’.
Mondi separati, gestiti da amministratori, al chiuso di una stanza, nella casa in cui vivono anche i propri genitori, odiati e da cui comunque dipendono, senza speranza.
Solo a scriverne si avverte la pesantezza del vivere che, immagino, sentano.
Ciò che lascia senza parole è la modalità del silenzio apparente in cui gli hikikomori si lasciano andare. Forme di ribellione contro il sistema costituito appartengono al vitalismo conosciuto in occidente. In Giappone è come se compissero un Harakiri pur rimanendo in vita.
Le culture resistenti del silenzio.
Una massima della Bhagavadgita (X, 38 c), testo sacro hindu: “E sono il silenzio delle segrete cose”. Nel silenzio si riconosce l’unico spazio dove l’uomo può incontrare Krishna, la forma umana del dio supremo induista.
Indissolubilità tra silenzio e assoluto divino. Il silenzio è ciò che invera il molteplice delle umane cose, lo prefigura e lo determina.
E per raggiungerlo è necessario percorrere il cammino dalle parole ai suoni trascendenti fino al silenzio (in Il silenzio in India, Mimesis, Collana Accademia del silenzio, 2017).
Tra scelta radicale e non del silenzio.
Si compie la scelta della foresta, la rinuncia. E i rinuncianti compiono la loro vita in questo spazio elettivo. Può anche essere vissuta in modo collettivo, nell’eremitaggio.
La scelta definitiva del silenzio consiste nel non parlare, riducendo gli stimoli delle percezioni fino ad annullare il pensiero.
Altri, in India, meno radicali possono fare una scelta che coinvolge sola la vecchiaia, dunque non estrema come la «rinuncia». Si ritirano anch’essi nella foresta.
Dopo la vita sensuale e quella attiva giunge il tempo della cura dello spirito, secondo la dottrina brahmanica ortodossa dei tre fini dell’esistenza. Il capofamiglia, da solo o anche con la moglie, se vuole scegliere in questo senso, lascia ogni attività e si ritira nella foresta. Le attività saranno la lettura dei testi sacri, la preghiera, una parca mensa, il silenzio e la meditazione.
Di una trasposizione di questi principi nel nostro occidente rumoroso è testimone l’Accademia del Silenzio, nata da un’idea di Duccio Demetrio e Nicoletta Polla-Mattiot e sostenuta da altre voci.
La finalità è quella di “diffondere una cultura e un’ecologia del silenzio”, contro l’inutile rumore.
Del piacere del silenzio.
L’analisi del Wall Street Journal evidenzia una serie di libri dedicati al silenzio.
Dai rimedi possibili nel dedicare uno spazio in casa propria al silenzio. Alle tecniche Vipassana, che nell’antica lingua indiana significa “vedere le cose in profondità, come realmente sono”.
La praticabilità di tale tecnica non ha limiti, affermano a Lutirano presso Marradi, provincia fiorentina, dove esiste l’unico centro italiano attivo. Qui si può raggiungere il nirvana!
Oppure sempre in Italia presso Ermito, Hotelito del Alma, vicino a Terni, dove sorge un eremo laico dove rifugiarsi.
Le stanze sono dette “Celluzze”. Riprendono lo schema delle antiche celle dei vecchi padri eremiti.
Del silenzio del polo.
Erling Kagge, nel suo libro, Il silenzio. Uno spazio dell’anima, Einaudi. E il suo Polo Sud in solitaria.
In compagnia del silenzio sulle tracce de “i segreti del mondo”.
Anche lui ha avvertito in Antartide, sul ghiaccio, arrestando i passi: “un silenzio assordante”.
Una vuota pienezza, che sembra spostare il pensiero a spegnersi per viversi l’attimo che seguirà.
Non pensare, ma esperire, fare esperienza di ciò che è mistico, fermo e in transeunte tra non parola e significato profondo. Quel silenzio che serve a “mostrare” a noi stessi il senso delle cose indicibili.
Del silenzio degli eremiti senza 3.0.
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Fonti
il silenzio in poesia
il silenzio come ricerca di sé
silenzio negato
eremiti attuali
silenzio anecoico
il disagio giapponese dilaga in italia
seguirà__ con ___ Il silenzio che nasconde