Distanziamento dalla retorica: “prudenza gente, prudenza”
Guardando la situazione legata all’epidemia, purtroppo, le condizioni non sembrano migliorate: l’altalenarsi fra aumenti, diminuzioni di casi e stabilità ha generato un clima di incertezza e di sfiducia.
Come sussurrano e affermano con forza molti virologi è probabile una nuova ondata del virus alla quale dovremmo farci trovare tutti pronti. In Italia in questi ultimi giorni sono stati rilevati 120 nuovi focolai.
Contagi di origine ignota e 1341 nuovi positivi registrati negli ultimi sette giorni. L’accordo europeo di aiuti e sussidi è intanto arrivato e va, a nostro modo di vedere, accolto con prudenza e senza troppi entusiasmi, se è vero che la Penisola è un fondamento essenziale dell’istituzione continentale e la sua eventuale uscita farebbe crollare l’intero edificio comunitario.
Fino al 31 ottobre, secondo la pianificazione del ministro della sanità Speranza, resteremo in stato di emergenza, ma qui la fase è allarmante perché bisogna monitorare il presente, non ripetere gli errori del passato e puntare a un futuro più sicuro.
Come scrivevo la settimana scorsa, il rischio percepito è ancora basso e non è raro incontrare persone che guardano come “marziani”, per non scadere nel dileggiamento, coloro che sono ligi al dovere e, soprattutto, tengono alla propria pelle. Nella democrazia social si può camminare con la mascherina o gli adepti di Facebook lo vietano?
Tornando all’Europa, i soldi del Recovery Fund li vedremo nel 2021, proprio per tale motivo non bisogna gridare allo scandalo perché “sempre meglio tardi e poco che mai”, né tanto meno ricominciare con la retorica europeista, dato che le anomalie e i limiti questo corpo sovranazionale li aveva anche prima del virus. Questa terribile emergenza rappresenta una sorta di “prova del nove”, come lo è stato per l’Organizzazione Mondiale della Sanità che, non sempre, si è dimostrata comunicativa e celere.
I luoghi più penalizzati sono stati i centri di aggregazione culturale, ancora parzialmente chiusi: la scuola dovrebbe ripartire a settembre, con la tradizionale formula della presenza fisica, ma con tanti punti interrogativi.
La speranza di tutti è quella di scongiurare un peggioramento generalizzato a livello sanitario: oltre al pericolo epidemico, a livello economico sarebbe una sciagura.
Ma né la politica, né parte della società civile sembrano, all’apparenza, intenzionate a prendere sul serio qualcosa che in realtà è grave: pressapochismo, sorta di indifferenza, sottovalutazione della prevenzione. Per molti la Lombardia è lontana, e invece è prossima, contigua e riguarda tutti sia a livello spaziale che a livello temporale.
Le responsabilità da social, la coazione a ripetere – stiamo a casa – con la criminalizzazione di tutti coloro che uscivano, anche solo per fare la spesa, è finita. E ora tali eroi da social e divano accalcano stabilimenti, discoteche (presto), centri commerciali, non ricordando più il significato del distanziamento. Perchè non siamo più una comunità e abbiamo dimenticato il valore di un destino comune che dovrebbe essere fra gli obiettivi preminenti di un popolo che vive stabilmente su un territorio. Perché per molti è proprio difficile distanziarsi dall’evasione a tutti i costi, anche quando non c’è davvero nulla da evadere, se bisogna guardare in faccia alla realtà. Perché se si continua a prendere in giro il senso di paura, presto la paura si prenderà gioco di noi.
Spero soltanto, se un nuovo lockdown ci dovesse essere, che ci vengano risparmiati i propositi di bravi bambini degli eroi social e che già da domani buona parte del popolo ricominci ad esercitare la virtù della prudenza, magari cercandone il senso ed il significato su qualche vocabolario.
Forse qualcosa potrà davvero cambiare, senza utilizzare le scuse paragnoste trasversali dell’apertura delle frontiere o di uno stato non in grado di rispondere dell’operato delle regioni.
Prudenza gente, prudenza…
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