Festa del Cinema di Roma 2024 – “Querido trópico” di Ana Endara: la recensione
Alla Festa del Cinema di Roma 2024 nella sezione Corcorso Progressive Cinema l’opera della regista Ana Endara “Querido trópico”.
In un giardino tropicale di un’afosa e piovosa Panama si incontrano due donne, due entità dissimili ma complementari: Ana María (Jenny Navarrete) e Mercedes (Paulina García).
La prima è una badante immigrata colombiana che vive a Panama da 3 anni e ha difficoltà con i documenti, la seconda è una ricca imprenditrice borghese con un inizio di demenza senile, che vede avanzare consapevolmente la malattia e lotta caparbiamente affinché il suo destino non si compia. L’incontro tra le due, inizialmente silente, si trasforma in un’amicizia in grado di dare un senso a due vite che vacillano.
Lentamente “Querido trópico” ci fa conoscere le due protagoniste, immergendoci in un’atmosfera quasi irreale, in una casa che vive di fantasmi, in due corpi che non si riconoscono.
Ana María stringe a sé il suo grembo, desiderando un figlio a tutti i costi, Mercedes non vuole arrendersi alla perdita di sé.
C’è un’attenzione particolare al suono che suggerisce, più che rendere evidente, lo scorrere del tempo, le situazioni accadute, i rumori della città. Una città che pare sofferente e soffocante, dotata di una sua personalità: se pur il film è ambientato per la maggior parte del tempo in casa, la città vive, sente, soffre.
Accanto alle due donne, altre due presenze femminili: la figlia di Mercedes, Jimena (Juliette Roy) e la cameriera Cristina (Syddia Ospina).
È un film femminile e complesso “Querido trópico”: parla di maternità negata, di malattia, di cura, di solitudine e rabbia, di identità e di cosa si diventa se la stessa smette di essere così concreta.
“L’essere madre non ti salva da niente” dice Mercedes ad Ana María rendendosi conto che la donna in un figlio cerca un senso, uno scopo alla sua esistenza solitaria.
“Querido trópico” è il debutto nel cinema di finzione di Ana Endara che da sempre si è dedicata ai documentari. Questa attitudine è resa evidente dalla fotografia che cattura i dettagli (una goccia d’acqua, un fiore, la pioggia che innaffia il paesaggio). La regia è rallentata, a tratti inattiva, fatta di dettagli e primi piani.
Non è sicuramente un film che emoziona ma forse il suo fine ultimo è quello di documentare una storia e renderla manifesta al pubblico, senza inutili pietismi.