Intervista a Davide Uria: “La poesia è per me un mezzo terapeutico capace di lenire le ferite e alleviare i dolori.”
“Trame d’assenza di Davide Uria è la narrazione in versi di un perdersi e di un ritrovarsi continuamente. È la storia di ogni lettore che riesce a immedesimarsi emotivamente nei luoghi interiori del poeta, profeta di se stesso e di tutto quello che accade nell’animo umano. Dagli abissi tenebrosi del dolore alla luce salvifica della vita: è il percorso di un riscatto che fa delle parole la propria guida, è lo svelamento dell’inconscio nel mistero sorprendente del pathos.”
- Buonasera Davide. “Trame d’assenza” è la sua silloge poetica. Come è nata?
Ho sempre scritto principalmente per me stesso, sono poesie molto personali e intime, ho iniziato ad abbozzare i primi versi circa 15 anni fa e pian piano sono arrivato a raccogliere più o meno cinquanta componimenti. La pubblicazione è avvenuta nel 2017 quando mi sono accorto di avere tanto materiale a disposizione, ho cominciato, così, a proporre il progetto e Augh! Edizioni ha accolto il mio lavoro. Tutte le poesie nascono da una mia necessità di ritrovare me stesso, attraverso le trame della mia esistenza, costellata da presenze e assenze, da attese e speranze. L’assenza è diventata la parola chiave, il fil rouge, il perno su cui ruota l’intera raccolta: al contrario del vuoto, l’assenza narra di qualcosa o qualcuno che c’era e che ora non c’è più, narra di una nostalgia, di un tempo passato.
- È stato difficile capire quali versi dovevano essere pubblicati?
E’ stato semplice, una volta individuato il concept ho iniziato a scarnificare, ad aggiungere. Ciò non significa stravolgere un progetto, significa renderlo più genuino e coerente, vuol dire voler bene a ciò che fai, senza dover per forza alterare i contenuti. Ho selezionato le poesie in base alla loro forza comunicativa, le ho disposte secondo un ordine non cronologico, ma in base a una logica narrativa, come se ogni componimento raccontasse una fase, un frammento di una storia più grande.
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- Quando compone pensa ad una persona specifica oppure è solo frutto di fantasia?
Penso alle persone che conosco, a quelle che non conosco. Parto da me stesso per raccontare le storie degli altri, prendo spunto dalle mie esperienze e immagino che ciò che può accadere nella mia vita, può riflettersi nelle vite altrui. Viceversa, credo che i racconti ascoltati per caso in treno, possono essere racconti di vita universale e che riguardano anche le mie esperienze. Siamo tutti connessi, in qualche modo, anche se non conosciamo l’altro, anche se ci sentiamo soli, credo ci sia una relazione tra tutti gli esseri umani, un contatto invisibile, fatto anche solo di sguardi, fatto di somiglianze, fisiche e gestuali.
- Che significato ha la poesia nella sua vita?
La poesia è per me un mezzo terapeutico capace di lenire le ferite e alleviare i dolori. In una delle poesie della raccolta “Tra i rami e le nuvole”, descrivo in qualche modo il mio rapporto con la poesia, ma è anche la rappresentazione del mio luogo ideale, astratto e concreto al contempo. Nella composizione descrivo la mia perenne tensione verso la libertà, senza dimenticare il resto, le proprie radici. I rami tendono verso il cielo, ma sono comunque vincolati, per natura, a restare attaccati al tronco dell’albero, mentre le nuvole sono inconsistenti, libere di muoversi.
- Qual è il suo prossimo progetto letterario?
Recentemente ho scritto nuove poesie e ho ritrovato per caso sul mio PC delle poesie che avevo scritto anni fa. Sono poesie che avrebbero dovuto far parte della mia prima raccolta, “Trame d’assenza” pubblicata lo scorso anno da Augh! Edizioni, ma proprio prima di inviare il file definitivo, le ho escluse perché non le ritenevo in linea con l’intera idea del progetto finale. Rileggendole, mi sono emozionato e ho pensato di rivederle e “rivisitarle” per darle una nuova vita, per darle una dignità, ma mantenendo vivo il concetto di ritrovamento e recupero, come se fossero dei reperti archeologici poetici da riportare alla luce. E come ogni ritrovamento, degno di essere chiamato tale, il recupero e il ripristino è solo parziale, il bello è soprattutto nell’imperfezione data dai segni del tempo. Anche il titolo scelto “Intercapedini“, dopo mille peripezie e ipotesi, ricalca questo senso di rinvenimento, giocando a fare il bambino che trova per caso, sotto il pavimento il tesoro lasciato lì, anni prima, da un altro bambino. Un progetto, questo, che uscirà nei prossimi mesi, e che sarà un seguito della prima raccolta, inteso come una conclusione dell’intero lavoro e che segna l’epilogo di una fase di scrittura durata per più di quindici anni. Mi piace pensare alle due raccolte come unite da un filo rosso, come se fossero un volume 1 e un volume 2, due momenti della mia vita, vicini e distanti, due facce della stessa medaglia, perché in fondo è ciò che sono.
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