Intervista a Matteo Di Cola: “sono solo un ragazzo che lavora onestamente”

Matteo di Cola

Matteo Di Cola, classe 1998, è un giovanissimo imprenditore digitale.

Nato a Roma, la sua passione per il settore food & beverage lo conduce nel 2018 a partecipare al programma tv su Rai2 “Il Ristorante degli chef”.

L’esperienza fatta lo spinge verso le piattaforme social e in breve tempo con Gian Andrea Squadrilli, fondatore di Italy Food Porn, crea il format “Food Porno Roma”. Quest’ultimo, dedicato alle eccellenza capitoline, diventa la community più importante di Roma per il settore food.

Ad oggi gestisce una S.r.l che si occupa orizzontalmente di tutto ciò che concerne un’attività ristorativa o un’azienda alimentare.

Il nome di Matteo Di Cola emerge durante la denuncia di Franchino er criminale, youtuber romano, e di Repubblica in merito al “racket” dei foodblogger.

Il servizio di Repubblica, a firma di Valentina Lupia, racconta nei dettagli come i foodblogger e gli influencer non si limitano a pubblicizzare i locali ma hanno un vero e proprio tariffario. Chi non paga è fuori e rischia una recensione negativa.

“Per un servizio standard che prevede un reel (ossia un video), un TikTok e una sessione di storie di Instagram un ristoratore romano deve tirare fuori 70 euro. Per un pacchetto completo che includa anche sponsorizzazioni e una “collaborazione” più duratura, anche 1.400 euro al mese” – Repubblica.

Ho intervistato Matteo Di Cola non solo in merito alla vicenda ma facendomi raccontare qualcosa in più di sé e della sua passione per il settore food & beverage.

  • Ciao Matteo, come nasce la tua passione per il settore food?

Sono nato e cresciuto in una famiglia che ha origine sparse in Italia: Abruzzo, Sicilia, Umbria e Calabria. Tutti i miei nonni mi hanno trasmesso in qualche modo la cultura per il cibo del Centro-Sud Italia. Per di più mio zio lavorava come chef di ristoranti e spesso o cucinava lui a casa o andavamo a trovarlo nei locali. Mio padre quando era giovane aveva una pescheria, poi divenne consulente alimentare e fornitore dei ristoranti. Dunque io sono cresciuto nel cibo.

  • Questa passione si è poi concretizzata attraverso i social e anche su YouTube. Come si è evoluto questo percorso?

Io ho fatto l’alberghiero e già dai primi anni di scuola ho iniziato a lavorare e imparare sempre di più sul mondo della ristorazione. Mi è capitato di partecipare al programma “Ristorante degli Chef” su Rai 2 e in quell’occasione ho conosciuto il mondo dei social, fino a allora a me sconosciuto. Gli altri concorrenti vedevano come divinità greche questi influencer e food blogger che venivano ospitati nel programma e io ammiravo il modo con cui riuscivano a trasmettere alle persone che li seguivano da casa la passione per il cibo. Viceversa, io cucinavo per gente della quale nemmeno conoscevo la faccia, rimanendo chiuso in una cucina. Allora mi sono informato e ho capito che potevo farlo anch’io, che potevo comunicare in maniera più diretta col pubblico.

  • Ad oggi, grazie alla tua determinazione, sei a capo di una agenzia di social media marketing. Quanto impegno, e soprattutto quanto sacrificio, ci è voluto per arrivare a raggiungere questo traguardo?

Inizialmente, quando ho iniziato questa professione a Roma, le aziende con cui mi interfacciavo non la capivano. È stato difficile crearsi un pacchetto clienti che iniziassero a capire l’importanza del mio lavoro. La difficoltà più grande che ancora oggi riscontriamo è quella delle piattaforme social. Questo fa sorridere perché noi lavoriamo con le piattaforme web e in teoria dovremmo conoscerle a memoria. In pratica queste si evolvono, gestiscono i profili, talvolta li oscurano, e spesso non hanno un referente da poter contattare quando si presenta un problema. Il mio sogno non è ancora completo. Ci sto lavorando e conosco bene i sacrifici che ho dovuto fare e quelli che ancora incontrerò. Mi sono allontanato dalla mia famiglia trasferendomi a Roma. Non vedo molti dei miei amici, viaggiando spesso per tutta Italia. Ho conosciuto ragazze che mi piacevano molto ma con le quali non ho potuto costruire perché non ci vedevamo mai. E so quanti a viaggi e a quante esperienze ho rinunciato per risparmiare e investire sul mio futuro lavorativo. So che nella vita se si vuole raggiungere qualcosa di bello bisogna sacrificarsi. Negli anni mi sono preso anche tante soddisfazioni, sono sicuro che ne varrà la pena, ma diciamo che al momento sono ancora a metà strada.

E questo è un messaggio che mi sento di dare ai giovani: andate dritti per la vostra strada, non arrendetevi di fronte alle difficoltà e ostacoli. Il nostro è un momento storico difficile, la mancanza di lavoro è una piaga sociale ma è anche un momento importante. Internet e le nuove tecnologie possono essere utilizzate a nostro favore, per crearci da soli opportunità anche lavorative.

Andate dritti per la vostra strada, non arrendetevi di fronte alle difficoltà e ostacoli.

  • Questo lavoro viene molto spesso sottovalutato non sapendo cosa c’è dietro. Ci spieghi in cosa consiste e soprattutto cosa offre?

Questo lavoro è molto trasversale. Potenzialmente si può definire un imprenditore digitale, anche uno Youtuber che fa questo lavoro per bene, ha un montatore video e un grafico. È una persona che sta costruendo un’azienda e che lavora con il digital e che nel caso specifico ha anche competenze nel food, quindi il focus è su questa tematica. Parlando di me posso dire che gestisco una S.r.l. in cui ci sono dei responsabili, dei collaboratori, dei dipendenti e degli associati. C’è una struttura che lavora nel digital: partiamo dall’organizzazione di eventi, passiamo alla gestione dei social e della comunicazione, fino ad arrivare alla pubblicità online sui nostri profili. Abbiamo una vera e propria struttura che gestisce orizzontalmente tutto quello che può avvenire sul web per un’attività ristorativa o un’azienda della filiera alimentare. Collaboriamo con alcune attività nel mondo del food e le aiutiamo a strutturarsi sui social tanto quanto lo sono già nella vita reale. Noi fungiamo da megafono.

  • Veniamo al caso che si è scatenato in merito alle collaborazioni non dichiarate. Come è nato?

Io e la mia azienda siamo sempre a favore dell’informazione ma l’informazione va fatta in maniera seria, competente e deve essere sempre completa e trasparente. Per questo mi dispiace la piega che la vicenda ha assunto, perché ha finito per generare avversione nei confronti di persone e attività, molte delle quali estranee ai fatti indicati. All’inizio queste rivendicazioni intraprese da alcuni personaggi rispetto alla pubblicità non dichiarata e alla ricezione di pagamenti in nero era corretta e onorevole, noi per primi la condividevamo. Poi si è perso forse il senso, le informazioni corrette si sono trasformate in gravi accuse infondate e diffuse, senza un distinguo fra chi lavora seriamente e chi no, sino a diventare spesso diffamatorie, è diventata una guerra ad personam e non mi spiego il perché.

Io e la mia azienda siamo sempre a favore dell’informazione ma l’informazione va fatta in maniera seria, competente e deve essere sempre completa e trasparente.

  • Ci spieghi come funzionano le collaborazioni e perché dietro c’è tutta questa confusioneli

Tanti anni fa furono inventati i social e tante persone iniziarono a creare contenuti relativi alle loro passioni e tante altre a seguire i contenuti perché rispecchiavano i loro interessi. Nel tempo l’affluenza degli utenti aumentava e quindi aumentava anche il seguito di alcuni creatori digitali. Chi come me ha deciso di inventarsi di sana pianta un lavoro in questo campo ha dovuto investire tanto tempo e questo significa non poter avere un altro lavoro. Le piattaforme, tranne YouTube, non pagano e quindi è nato l’influencer marketing. È una pubblicità paragonabile a quella dei volantini, dei cartelloni in strada, dei passaggi in radio o degli spot in televisione. Semplicemente è stata studiata dai creator per andare a lavorare con quelle attività che non si potevano permettere di fare determinati investimenti perché uno spot in televisione è un investimento. Il tutto avviene prendendo dei contatti con le attività e facendo un accordo sia economico che non.

Bisogna, tuttavia, fare un distinguo. Io stesso, che svolgo da 5 anni questo lavoro, spesso vado volontariamente e senza che vi sia un accordo lavorativo in alcuni locali esclusivamente perché li reputo buoni o perché penso che un contenuto in quel posto potrebbe diventare virale. Magari, quindi, lo realizzo, così come succede anche che io vada in un locale pagando ciò che consumo senza proporre alcuna collaborazione lavorativa e senza creare contenuti quando penso che semplicemente valga la pena andare a mangiarci. C’è tutta questa confusione perché purtroppo non è mai stata fatta informazione vera, completa. Quando abbiamo iniziato a fare questo lavoro in Italia eravamo davvero in pochi e non ci siamo nemmeno posti il problema. Nel tempo, intorno a noi, in molti hanno iniziato a fare la stessa cosa e tutto ciò ha generato un aumento del mercato ma la legge forse non è pienamente al lasso coi tempi e la regolamentazione ancora non disciplina minuziosamente tutto ciò che può accadere.

  • Come hai reagito quando hai visto circolare il tuo nome in merito a questa vicenda?

Inizialmente non sono intervenuto, in quanto, ripeto, ero d’accordo. Ci è capitato di perdere clienti per una questione economica, in quanto di fronte ad una fattura con l’IVA alcuni hanno preferito spendere meno affidandosi a competitor più economici, che non hanno un’azienda alle spalle e dei dipendenti da pagare. Quando si è iniziato a non distinguere chi lavora in regola da chi non lo fa e, addirittura, a mettere in giro voci false sul mio conto ovviamente ci sono rimasto male. Sono state prese di mira le realtà più conosciute e numerose fornendo informazioni relative ai piccoli o che comunque non ci riguardano.

Quando si è iniziato a non distinguere chi lavora in regola da chi non lo fa e, addirittura, a mettere in giro voci false  sul mio conto, ovviamente, ci sono rimasto male.

  • Quello che molti si chiedono ad oggi è: che vantaggio può portare omettere il tag inerente ad una collaborazione?

Potenzialmente nessuno. Mettere o omettere il Tag non cambia nulla. È fortemente consigliato usare un hashtag. Questa, però, è una penalizzazione in quanto Instagram ha inventato gli hashtag per generare traffico esterno al profilo, facendolo conoscere a persone che non ti seguono già. Se ne possono inserire un massimo di 30 e se io li utilizzo per mettere #Adv o #Invited potenzialmente vado a bruciarli. Chi segue la nostra community sa che noi facciamo questo per lavoro e di conseguenza c’è un pagamento e lo sa anche perché i nostri profili rimandano al sito nella cui pagina iniziale è descritta analiticamente la nostra attività Chi ci segue sa che abbiamo un gusto contemporaneo in fatto di cibo, in linea con il loro e sa che al 90% apprezzerà il locale che consigliamo. È stato detto che io pubblicizzo posti non buoni solo perché mi pagano. Ma non è affatto così perché quando capita di mangiare in un posto che non mi piace non lo faccio vedere sulla mia pagina. I miei follower sono abituati a scrivermi sia quando si trovano bene che quando si trovano male in un locale da me consigliato. In quel caso cerco di capire il perché e se mi dicono ‘il cameriere mi ha trattato male’ sono il primo a chiamare il ristorante e lamentarmi del problema.

  • La tua essendo una delle più grandi società è stata ovviamente al centro della bufera. Pensi che questa possa essere una tattica per sfruttare la tua visibilità in modo da averne altrettanta?

Chissà, è una probabilità. Me lo sono chiesto anch’io perché me lo hanno fatto notare in tanti perché chi è interessato a fornire informazioni lo fa in modo diverso. Tirare in ballo grandi realtà può significare attirare un grande seguito, non è escluso, ma non so se c’è una volontà in tal senso e se ciò si verifica effettivamente. Solo mi dispiace che persone come me, che lavorano dalla mattina alla sera, con grandi sacrifici, pagando le tasse e creando opportunità lavorative anche per altri, soprattutto giovani, vengano immotivatamente attaccate.

Io ricordo ancora che una volta, quando lavoravo in cucina, prendendo una scatola di funghi porcini dal frigorifero mi cadde e si ruppe. Mi girai chiedendo scusa allo chef e lui rispose: ‘tranquillo perché gli errori capitano solo a chi lavora’. Questo per dire che anche quello che è capitato è compreso nel gioco delle parti, un imprenditore, così come ogni personaggio noto, deve metterlo in conto. Tuttavia è un gioco delle parti che non mi piace perché si concentra su un’informazione non chiara, mira a screditare gli altri ingiustamente, facendo leva su ciò che si preferisce.

È un gioco delle parti che non mi piace perché si concentra su un’informazione non chiara, mira a screditare gli altri ingiustamente, facendo leva su ciò che si preferisce.

  • Come ti stai muovendo in merito a questa vicenda e soprattutto ritieni che in qualche modo la tua immagine sia stata lesa?

Assolutamente sì, è chiaro. Un giorno sono uscito in prima pagina additato quasi come fossi stato un narcotrafficante. Quel giorno sono stato chiamato da clienti, da amici, da membri della mia famiglia. Ho passato 2/3 giorni a rispondere al telefono e spiegare cosa fosse successo. Quando una persona commette un omicidio sui giornali le foto appaiono oscurate e vengono omessi nome e cognome per intero. Io, invece, sono stato messo alla gogna da tutti e ancora oggi non ho potuto replicare per bene. Sono state mosse delle accuse terribili sui social e la cosa più brutta è che sono state fatte da adulti nei confronti di un ragazzino.

È terribile essere descritti come un personaggio pericoloso che può mettere in atto ritorsioni. Io sono solo un ragazzo che lavora tanto e onestamente, non un delinquente. Mi ha fatto molto male quest’accusa. In Italia la legislazione purtroppo è lenta e non riesce a risolvere tempestivamente. Ci stiamo muovendo, ovviamente, per vie legali perché è l’unico modo giusto per risolvere queste situazioni. Il problema è che ogni giorno che passa, in mancanza di interventi da parte dell’autorità giudiziaria, il nostro silenzio voluto fa accumulare consenso a chi ci denigra e sembra quasi che siamo noi quelli dalla parte del torto. Purtroppo, al di là di quelli che saranno gli eventuali risarcimenti, noi è adesso che abbiamo un problema. Il lavoro si basa sulla reputazione che abbiamo costruito negli anni ed è stata lesa. Il nostro silenzio, invece, dicevo, è voluto, non vogliamo contribuire a ingenerare avversione e violenza, neppure verbale.

Il nostro lavoro si basa sulla reputazione che abbiamo costruito negli anni ed è stata lesa.

  • Come è stata la reazione del tuo pubblico? C’è qualcuno che è rimasto deluso da queste affermazioni?

Migliaia dei miei follower mi hanno scritto per dirmi che sanno come lavoro e che i locali che consiglio sono buoni. Altri mi hanno scritto per insultarmi e minacciarmi. Il problema è che la maggior parte di chi rientra in quest’ultima categoria di persone nemmeno ci è andata in quei ristoranti o, se l’ha fatto, è partita prevenuta con l’unico scopo di prendersela con noi. Hanno generato un odio creando di fatto due fazioni.

  • Finiamo questa intervista con un po’ di leggerezza! Si parla tanto di foodporn ma cosa è realmente e soprattutto quale è il tuo foodporn preferito?

Per me e Gian Andrea è Foodporn quella cosa bella da vedere e buona da mangiare. Per me può essere foodporn una mozzarella di bufala con prosciutto, una pizza Margherita o un quadruplo cheeseburger bacon. È foodporn quella cosa che la vedi e ti viene proprio voglia.

https://www.instagram.com/matteodicola/

 

Intervista in collaborazione con Miriam Bocchino

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