Intervista a Silvia Siravo: in scena al Teatro Di Documenti con “Giorgia”, una storia di donne
Al Teatro di Documenti in scena dal 21 al 26 novembre, durante la settimana dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne, “Giorgia” di Dacia Maraini.
L’opera, che fa parte della rassegna “Amori rubati” organizzata da Effimera S.r.l, è tratta dal racconto “Lo stupratore premuroso”, con la regia e interpretazione di Silvia Siravo.
Una storia vera che si svolge nella Spagna di qualche anno fa e in qualsiasi luogo dove in questo momento si perpetuino degli abusi.
Le parole di Dacia Maraini come catarsi, le parole come liberazione, ma anche come rifiuto, come monito che tutto può succedere dove meno te lo aspetti. Lo stupro è un atto di potere, di sopraffazione, che mina gravemente l’autostima e la coscienza di chi lo vive. Lo stupro non si misura solo sulle ecchimosi e sul sanguinamento, ma anche sul suo potere di agire in profondità nella psiche femminile, rendendola nemica di se stessa.
Abbiamo intervistato Silvia Siravo.
- Buongiorno Silvia e grazie per l’intervista. Sei in scena fino al 26 novembre al Teatro Di Documenti con “Giorgia”, un’opera mai stata più attuale di ora. Ci racconti cosa vedrà lo spettatore?
Giorgia è un breve monologo tratto dal racconto “Lo stupratore premuroso”, contenuto nel libro “L’amore rubato” di Dacia Maraini. L’adattamento per la scena è di Dacia stessa. Lo spettacolo si apre con una proposta gentile d’aiuto, con un gesto di generosità e prodigalità che si trasforma in un incubo. Incubo che Giorgia, la protagonista, continua a sentire sulla sua pelle. Un uomo con la divisa le ha offerto un passaggio e lei si è fidata. Ha accettato la mano tesa e si è ritrovata in una voragine di violenza e buio. Le parole di Dacia sono crude, essenziali e raccontano una storia vera, un fatto di cronaca.
- Quanto è complesso portare sulla scena un’opera come “Giorgia” che, tratta da una storia vera, racconta un’esperienza drammatica e purtroppo comune ancora a tante donne?
È un’operazione molto delicata , che ho tentato di affrontare con il maggiore rispetto possibile. È la prima volta che mi confronto con la regia e non era un’impresa facile .
Ho immaginato che Giorgia, la protagonista, in un mondo quasi del tutto sotterrato, deformato, che ha perso colore, rimetta in scena ossessivamente quella spirale di dolore. Giorgia ridisegna quelle immagini deplorevoli con pochi tratti essenziali e quasi infantili, nel tentativo incessante di accatastarle in uno spazio della mente dove possano fare meno male.
- Oggi, 25 novembre, è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Il femminicidio non si arresta e i dati continuano a crescere in modo allarmante. Da artista e donna cosa credi sia necessario fare per indurre un cambiamento?
Parlare, parlare, parlare e denunciare! La comunicazione su quest’ultimo atroce fatto di cronaca è stata così consistente e rilevante che le denunce da parte delle donne sono aumentate in modo esponenziale, si sono sentite libere di parlare. Anche il teatro, come il cinema, come la scrittura possono essere strumento di sensibilizzazione.
- “Giorgia” fa parte della rassegna “Amori rubati” ed è un testo di Dacia Maraini di cui tu hai curato la regia e l’interpretazione. Ha avuto modo di conoscere la Maraini?
Ero una bambina quando per la prima volta in scena in prima media recitai un brano di Dacia Maraini sulle donne, grazie al mio maestro di teatro di allora. Poi ho avuto la fortuna di conoscere Dacia, di leggere ad alcune sue presentazioni di libri e di interpretare un suo testo nel Festival del Teatro sull’Acqua che Dacia dirige ad Arona.
- Lo stupro è un atto di sopraffazione, di potere e dominio: quanto ancora nella società “normale” trovi che la cultura maschilista e del patriarcale sia insita?
Lo stupro è un atto di potere, di sopraffazione, che mina gravemente l’autostima e la coscienza di chi lo vive. Lo stupro non si misura solo sulle ecchimosi e sul sanguinamento, ma anche sul suo potere di agire in profondità nella psiche femminile, rendendola nemica di se stessa. La sopraffazione fisica come psicologica, in tutti i suoi tratti più subdoli è ancora terribilmente compenetrata nella nostra società.
- Come ti sei preparata per affrontare l’opera?
Ho studiato, immaginato, letto, e provato a dare una forma.
- La messa in scena è preceduta ogni sera dalle letture “Musa e Getta”: ci racconti il progetto?
“Musa e getta” è un format al femminile con cui intendiamo celebrare donne che hanno vissuto accanto a grandi uomini, che hanno vissuto accanto a grandi donne. “Se voi aveste parlato, muse…”, riassumiamo così l’idea che è alla base di un progetto volto a riscattare dall’oblio le vite di donne straordinarie (Zelda Fitzgerald, Sabine Spielrein, Dora Maar, Luisa Baccara, Jeanne Hébuterne…) e esaltarne l’arte di ispirare e gli altri talenti più o meno nascosti.
Si tratta di un progetto crossmediale, che si articola in ambito editoriale e teatrale che abbiamo curato Arianna Ninchi ed io.
Agli incontri su alcuni di questi racconti parteciperanno alcune autrici e moderatrici e saranno sempre presenti le letture di Arianna per farci entrare nel vivo delle storie di queste muse ispiratrice, di queste donne spesso dimenticate dalla storia.
- Progetti futuri?
Sarò in scena al Teatro Cometa Off dal 5 Dicembre con Spose Le nozze del secolo di Fabio Bussotti con Marianella Bargilli e la regia di Matteo Tarasco. Poi in tournée. È un altro progetto a cui tengo molto. La storia vera di due donne che si sono sposate in Spagna nei primi del 900, una delle due travestita da uomo. Una storia di coraggio, amore e libertà!