Intervista ad Antonella Pagano: in scena al Teatro Di Documenti con “Eva e la minestra del Paradiso”
Il 18 novembre alle 20.45 in scena al Teatro Di Documenti “Eva e la minestra del Paradiso”, pièce scritta, diretta e interpretata da Antonella Pagano.
Parola colta e musiche inedite, suonate al pianoforte dalla M° Daniela Brandi, con la novità assoluta dei “Paesaggi sonori”, ideati e suonati dalla musicista argentina M° Jaquelina Barra, in scena anche nel ruolo di sacerdotessa: l’opera discende dall’omonimo romanzo della Pagano.
Le voci liriche della soprano Flavja Matmuja e del baritono Valdrin Gashi si intrecciano con la narrazione: la Eva della tessitura letteraria è il mistero del Principio femminile che nutre il testo e si confronta col divino Capocomico (Vincenzo Bocciarelli) e con la Sacerdotessa.
La Pagano interpreta la poeta – se stessa – e il suo doppio, Olimpia Noà, la nobildonna-attrice che, a sua volta, ha il doppio in Paolina.
- Buongiorno Antonella, la ringrazio per l’intervista. Sabato 18 novembre è in scena al Teatro Di Documenti con “Eva e la minestra del Paradiso”: cosa vedrà lo spettatore?
Un’opera teatrale del tutto originale nei testi, nelle musiche composte ad hoc, nella messa in scena, nella scenografia, nella narrazione…un’opera forse destinata a diventare un classico contemporaneo. Credo che le definizioni infeltriscano le opere, forse non dicono proprio nulla dell’opera stessa, allora è più corretto che sia il pubblico ad esprimersi…sto raccogliendo le considerazioni…la più significativa? Quando siamo usciti non eravamo più quelli di quando siamo entrati…attraverso te scopriamo noi stessi…non è assistere a una rappresentazione, è una vera e propria esperienza…per tutto il tempo ci hai portati in un altro pianeta dimenticando ogni affanno… amar la vita è follia (il leitmotiv dell’opera) all’uscita l’abbiamo cantata per tutta la cena e al mattino seguente. E allora, mi dico, il Teatro può ancora svolgere tutta la sua azione! Ad ogni buon conto, l’ultima cosa che desidero è sembrarle, apparire saccente e presuntuosa ma, mi creda, è pura cronaca…sto raccogliendo per iscritto quanto dice il pubblico. Ho molti anni e tanta esperienza, già 46 anni di maternità e decenni e decenni di lavoro m’impongono di onorare e rispettare la vita e i talenti o abilità che siano.
- Parole e musiche si incontrano sul palcoscenico a creare un connubio ideale: come nasce questo incontro?
Le sillabe e le note contengono una sostanza veramente magica. Pensi alla parola incontro, non è forse la parola più magica che esista? Non nasciamo grazie ad uno spermatozoo che incontra un ovulo? E se proviamo a sillabarla: IN CON e TRA gli altri….e non CONTRO? Non è magia? E adesso pensiamo ad una nota, già da sola ci regala un suono! Se poi un compositore comincia a situarle sul pentagramma…arriva una melodia…un’aria…una canzone,,,una ballata…una marcetta! Che meraviglia! E poi accade che io alla notte, intorno alle 3 mi svegli e mi ritrovi a cantare con musica e testo già perfetti! Come accade tutto questo? Mistero!
- Insieme a lei anche Vincenzo Bocciarelli, le musiciste Daniela Brandi e Jaquelina Barra e le voci liriche della soprano Flavja Matmuja e del baritono Valdrin Gashi. Ci racconta qualcosa in più dei suoi compagni di viaggio?
Dopo i sold out di Matera e del Ghione, Eva va in scena nel Teatro di Documenti; tutto resta cristallizzato eppur effluviante sempre nuova energia. Questa volta Venceslao Storm è incarnato da Vincenzo Bocciarelli, noto attore di teatro e di cinema, che con piglio assai intrigante e personalissimo taglio sarà la divinità normante. Il blasonato Venceslao che ha ereditato il nobilissimo teatro s’imbatterà in una Paolina che lo metterà in crisi con le sue “monellerie”. Ne verranno schermaglie assai gustose, a tratti pruriginose. Con Daniela Brandi invece la collaborazione è più antica, alcune musiche dell’opera sono mie, altre sue. E’ un sodalizio che ci vedrà lungamente all’opera poiché nelle differenze caratterizzanti le nostre personalità va a incastonarsi un’intesa straordinariamente fertile e densa di armonia. Con Jaquelina Barra l’amicizia è davvero antica di un ventennio. La sua esperienza internazionale, e di esecutrice, e di maestra la sfaccettano come un preziosissimo diamante; è la sacerdotessa della musica che sa far sprigionare finanche da migliaia di foglie ed è anche attrice straordinaria. Quanto ai due cantanti lirici devo dire che mi commuovono per quanto e come sappiano onorare il bel canto. Così giovani ed entrambi con due lauree sanno significare molti dei valori per i quali mi sento di continuare ancora ad essere animatrice culturale e istigatrice di bellezza. E poi Laura Amodei e Simone Salerno che con la loro danza catturano l’anima del pubblico. Il Tango è Patrimonio Mondiale dell’Umanità quale bene immateriale UNESCO. Insomma ho inteso omaggiare poesia, prosa, bel canto, danza, drammaturgia mettendocele tutte insieme nel Teatro voluto dal grande Damiani cui si allearono Ronconi e Sinopoli…così s’è composto il magico mix.
- Sul palcoscenico lei interpreta Paolina e il suo doppio Olimpia Noà. Una doppiezza che rileva aspetti differenti di una stessa personalità?
Mai doppiezza, lemma che si configura con accezione assolutamente negativa. Lo sdoppiamento di me in scena, ossia di me me stessa e di me personaggio di Paolina è voluto non in quanto alterazione dell’identità, né rottura della coscienza, piuttosto suggestivo rinforzo della persona-attore e prova attoriale direi assai impegnativa in cui mi sono davvero sfidata.
- Il cibo che ruolo ricopre sulla scena? Come si intreccia all’eros?
Come la poesia, cibo vero e cibo metaforico si sono insinuati nella narrazione con prepotenza giustificatissima. Il cibo occupa un posto prestigioso nell’elenco dei punti focali del PIL italiano. A me ha intrigato il come sia passato nella vita dei grandi della letteratura, della storia, della filosofia, regnanti e cuochi dei re, nobildonne che hanno scritto ricettari prestigiosi e tutto quel mulinello in cui mi par di vedere la nobildonna Katarina Polt Prato a braccetto con Casanova, Pier delle Vigne presiedere la Curia e le magnifiche tavole imbandite di Federico II di Svevia, Caterina de’ Medici e Messer Ruggeri dei primi gelati, Cavalcanti e Manzoni, Dante e il Pellegrino Artusi. Ho quasi sentito il profumo del Ciceone dei romani e assaggiato le Donzelline e le Chimere; un mondo fragrante che carezza il cuore e fa felice lo stomaco. L’intreccio con l’eros è primigenio, nel senso che nasce con la danza delle papille gustative, poi arriva la sollecitazione della piacevolezza sulla e dentro la gola quindi la scarica dei benefici sull’umore. Sfido a trovare qualcuno che neghi il magico intreccio, ma spiegarlo del tutto significa abbattere molto del mistero che sostanzia quell’intreccio e il mistero è elemento fondamentale della vita. Il sapore più intrigante, l’incantesimo che esclude ogni possibile attacco da parte del disincanto.
- Prossimi progetti?
Molti progetti spingono per essere posti in essere, intanto il 30 gennaio porrò in essere il terzo atto della triade che mi ha visto il 13 ottobre con l’Opera Brigantessa dalle lunghe trecce, quindi questa del 18 novembre e il 30 gennaio 2024 con “Apolide”. All’interno di Apolide l’apertura del Primo Cantiere della Bellezza in Roma dopo quello di Matera, Salerno, Marostica, Genova, Mazara, Nepi, Morcone e tanti altri in dimore storiche e castelli, oltre che in istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. Nel frattempo sto ultimando la sistemazione del mio “Modello di Padagogia dell’Arte che passa per la Creatività e conduce alla Bellezza” prefato dal Maestro della Sociologia italiana e di mezzo mondo: il Prof. Franco Ferrarotti. Quindi le 100 e una poesia della mia Antologia poetica. Non vi rivelo, invece, la riduzione teatrale di un’altra mia gustosa opera. Molte presentazioni dei miei ultimi due libri: “Eva e la minestra del paradiso” e “Cantò come dea” uscito subito prima del covid e rimasto presentato una sola volta al meraviglioso Castello di Otranto, là dove il sole sorge prima che in ogni altro posto, ossia la parte d’Italia più ad Oriente.