“Kraven – Il Cacciatore” con Aaron Taylor-Johnson: la recensione

Kraven – Il Cacciatore

Dall’11 dicembre al cinema “Kraven – Il Cacciatore”. Diretto da J. C. Chandor con Aaron Taylor-Johnson, Ariana DeBose, Fred Hechinger, Alessandro Nivola, Christopher Abbott e Russell Crowe.

Il film racconta la storia di Sergei Kravinoff, personaggio creato da Stan Lee e Steve Ditko nel 1964, e uno dei villain più amati dell’universo di Spider-Man.

Prodotto da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures, “Kraven – Il Cacciatore” immerge lo spettatore in una narrazione intensa e adrenalinica in cui si osserva la genesi del protagonista: da ragazzo in balia dello spietato padre, Nikolai Kravinoff, a cacciatore temuto e dominato dal desiderio di vendetta.

Accanto a Sergei l’amato ma fragile fratellastro Dimitri, in seguito il Camaleonte.

La madre morta suicida, il padre spietato e incapace di gesti d’amore e un destino da prendere in mano spingono Sergei, dopo essere stato aggredito da un leone e salvato da una pozione magica per mano di una giovane Calypso, ad abbandonare il tetto paterno per inseguire la sua personale missione: liberare il mondo dai criminali.

Sergei, grazie ai poteri derivanti dalla pozione magica, è veloce, spietato, agile: è un uomo in grado di combattere a mani nude con una tigre e di uccidere senza rimorso.

È la famiglia, tuttavia, il suo “tallone d’Achille”: sarà il rapimento di Dimitri, da parte di Aleksei, a innescare una lotta all’ultimo sangue con lo Straniero. Accanto a Sergei anche Calypso, ormai avvocato, e in grado di scovare gli indirizzi dei criminali grazie al suo lavoro.

Quello di Kraven è un personaggio complesso, dominato dai sensi di colpa per aver abbandonato il fratello nelle mani del padre, ossessionato da un genitore brutale e violento, addolorato per la morte della madre. Non è un semplice cattivo ma un personaggio sfaccettato.

Il film punta sulla spettacolarità e l’adrenalina, alcune scene sono al limite dello splatter. Forse due ore sono tante rispetto a ciò che il regista ha scelto di raccontare. Sarebbero state poche se si fosse analizzato in modo più profondo la personalità del protagonista ma diventano tante quando ciò viene tralasciato a discapito delle tantissime e lunghe scene d’azione, non sempre necessarie. 

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