La lotta partigiana di Beppe Fenoglio
Il pensiero e le opere di un autore italiano per celebrare la lotta partigiana e festa della Liberazione del 25 aprile sul piano letterario.
La lotta partigiana e la liberazione dell’Italia dal fascismo, il cui anniversario si è celebrato ieri, sono stati gli eventi più raccontati dalla narrativa italiana Novecentesca, fino a costituire un vero e proprio filone letterario, quello del Neorealismo.
Le linee guida di questo genere tutto italiano erano una narrazione aderente al vero sul piano formale, senza troppe divagazioni esistenziali, e, a livello contenutistico, un’adesione ai valori della resistenza. Dei canoni così rigidi hanno portato poi ad asfissiare il genere, e infatti tutti i suoi esponenti di spicco hanno finito per avvicinarsi ad altri tipi di letteratura: un esempio su tutti Italo Calvino, che dopo il romanzo Il sentiero dei nidi di ragno e la raccolta di racconti Ultimo venne il corvo, si dedicò ad altri generi, sperimentando forme di pastiche letterario e contaminando il suo realismo di immaginazione e fantasia.
Proprio Calvino, tuttavia, indicò al pubblico, nella prefazione al suo romanzo neorealista, lo scrittore che più di tutti aveva saputo creare storie dal sapore davvero partigiano, scrivendo «il romanzo che tutti noi avremmo voluto scrivere». Questo romanzo è Una questione privata di Beppe Fenoglio.
Fenoglio, poco apprezzato e semisconosciuto mentre era in vita, le cui opere sono state pubblicate, per la maggior parte, postume, e la cui fortuna sta crescendo in questi ultimi anni, non è stato un autore canonico: non viveva della sua scrittura, ma lavorava per un’azienda vinicola; non aveva finito gli studi alla facoltà di Lettere presso l’Università di Torino perché chiamato in guerra nel 1943; aveva combattuto come partigiano, e conosceva meglio di molti altri la realtà del mondo contadino delle Langhe e delle brigate partigiane durante la guerra civile.
Dalla sua esperienza sono uscite opere di grande valore prima di tutto documentario, ma molto valide anche sul piano formale: nella descrizione della sua esperienza “in collina”, la vita da partigiano è spogliata di qualsiasi idealismo: vediamo Johnny, alter ego dell’autore e protagonista di Primavera di bellezza e poi del romanzo più famoso di Fenoglio, appunto Il partigiano Johnny, trovarsi a disagio in mezzo alle brigate comuniste, rozze e completamente estranee al suo orizzonte sociale; in La paga del sabato, l’autore mette in guardia sul pericolo della deviazione criminale a cui i partigiani, che non riescono a reinserirsi nella vita normale dopo la loro esperienza fatta di armi, agguati e caccia al nemico, possono andare incontro; riesce a trasfondere umanità anche nella descrizione delle azioni di rappresaglia, intrecciando alla guerra storie d’amore e di amicizia, come in Una questione privata.
Sul piano formale, non sempre le sue opere sono state capite: Elio Vittorini lo aveva accusato di possedere uno stile troppo “cinematografico”, ed in effetti i suoi romanzi e le sue novelle sono molto visuali. Allo stesso tempo, però, il suo stile può essere difficile, data la sua propensione alla lingua inglese, che a volte lo spinge a inserire frasi inglesi all’interno del testo italiano, e a costruire periodi sintattici non lineari per il nostro orecchio.
Tuttavia Fenoglio è stato uno di quelli che si sono sentiti partigiani fino in fondo: ha creduto sempre all’alta missione che si era prefisso, anche nei momenti più difficili, per esempio durante l’inverno del 1944 – la cui narrazione è uno dei vertici della sua produzione – costretto a passarlo da solo tra le montagne, chiedendo ospitalità e riparo dal freddo agli abitanti coraggiosi delle Langhe.
Beppe Fenoglio, così come i suoi eroi e alter – ego, ha contribuito a liberare l’Italia, ed è un bene che oggi si continui a leggere i suoi libri.
Per spiegare il senso della lotta partigiana per questo autore, lascio una citazione dal Partigiano Johnny:
Si sentì investito – nor death itself would have been divestiture – in nome dell’autentico popolo d’Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente più inebriante la coscienza dell’uso legittimo che ne avrebbe fatto.