La “Storia” a Berlino: un viaggio di riflessione.
Sono recentemente tornata da un viaggio di qualche giorno in Germania, dove ho avuto il piacere di visitare due città nuove che consiglio caldamente (cioè Norimberga e Bamberga) e di tornare a Berlino dopo circa sei anni dall’ultima mia visita.
Ho trovato la capitale tedesca molto viva, con i soliti turisti e la sua vita mondana, ma anche incredibilmente a misura d’uomo, essendo periodo pasquale, quindi meno affollata e commerciale rispetto al solito. Ho alloggiato in un complesso nella vecchia DDR, la zona sovietica ricongiunta alla sorella occidentale nel 1989 con il crollo del Muro.
Mentre alloggiavo lì, ho avuto un flash di storia personale in quanto ho studiato a Dresda, città fortemente influenzata dallo stile sovietico nella costruzione di gran parte degli edifici della Neustadt, la città nuova sulla sponda dell’Elba. Un viaggio insomma di piacere ma anche di storia, tristemente di dittatura e oppressione e tristemente legato alla Seconda Guerra Mondiale, anni in cui le persecuzioni e le violazioni dei diritti umani sono ricordati da vari monumenti in giro per la città.
Da segnalare il monumento a due passi dalla Porta di Brandeburgo, dietro l’Ambasciata Americana, un complesso di decine di pietre rettangolari denominato Monumento alle vittime dell’Olocausto. Per quanto riguarda il passato sovietico della città, è un ricordo vivo nei suoi edifici, molto squadrati e terribilmente uguali gli uni agli altri, con rari balconi e finestre senza tende (esatto, bisogna arredare tutto da capo, tende comprese). Edifici forse funzionali ma paurosamente privi di slancio creativo e di arte, volti ad annullare ogni forma di libero pensiero e di fuga da una determinata impostazione mentale tipica dei regimi totalitari.
Chi ha abitato in questi complessi ricorderà bene che gli interni sono completamente uguali, non c’è alcuna differenza nella metratura, disposizione e stile di camere, cucine e bagni. Se non ci fossero i numeri dei piani, ci si potrebbe facilmente perdere, nonostante il governo tedesco abbia cercato di colorare gli esterni egli interni per renderli più gradevoli alla vista.
La parte più dolorosa del viaggio, e per certi aspetti anche molto irritante, è stata la visita al Muro nella zona del vecchio porto di Berlino, dove il fiume fungeva da divisore naturale. Dolorosa per il carico emotivo del luogo, pensando alle vittime che disperatamente cercavano libertà al di là del Muro, irritante per via della fiumana di gente che si faceva dei selfie sorridendo alle telecamere.
L’ho trovato uno spettacolo decisamente grottesco: non c’è nulla da ridere, nulla da fotografare se non i murales di pace e di ricordo al periodo buio in seno all’Europa Occidentale. Purtroppo, sembra che ormai tutto sia diventato motivo di sorriso e di selfiemania, persino una parte di uno dei più cupi momenti della nostra storia europea.
Martina Seppi