“La vita davanti a sé” di e con Silvio Orlando al Teatro Quirino: la recensione
“La vita davanti a sé”, tratto dal romanzo “La Vie Devant soi” di Romain Gary, è in scena fino al 30 ottobre al Teatro Quirino.
L’opera, riduzione e regia di Silvio Orlando, con lo stesso Orlando come interprete, è delicata e al contempo reale e crudele. L’esistenza che lo spettatore ha davanti a sé è quella di Momò, un bimbo arabo di 10 anni che vive nel quartiere multietnico di Belleville nella pensione di Madame Rosa.
Momò è un “figlio di puttana”: è egli stesso a definirsi tale. La definizione del bambino è letterale in quanto è figlio di una prostituta che non potendolo crescere lo ha affidato a Madame Rosa in cambio di un pagamento mensile.
Momò cresce insieme ad altri bambini, prole di donne che non possono averli con sé.
Racconta Momò la sua vita nel quartiere parigino e la costante ricerca di attenzioni e amore che si tramuta in dispetti e piccoli furti.
Nella Parigi del 1970 il bambino abita insieme a Madame Rosa, anziana ex prostituta ebrea che vive costantemente con il timore del ritorno dei nazisti. È talmente fulgido in lei il ricordo della guerra che ha ricreato in cantina un “cantuccio ebreo” in cui proteggersi e nascondersi nei giorni di dolore.
È molto interessante nella pièce la scelta scenografica che ricrea l’abitazione di Madame Rosa e i sei piani del palazzo parigino, trasformandoli in un cunicolo di esistenze e dolori.
Silvio Orlando riesce a restituisce l’infanzia di Momò, la sua purezza e genuinità. La narrazione è semplice, immediata e limpida: il candore di un bambino che narra la solitudine e il dolore con estremo realismo e senza sentimentalismi inutili.
L’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre accompagna la storia, evidenziando ancora di più come il suo “svelamento” sia “mistero dell’esistere”.
Momò racconta i suoi tanti anni in cerca di amore. Amore che scambia, anche, in un gesto di generosità.
“Pensavo fosse amore invece era solo un uovo”.
Silvio Orlando muove la scena, diviene non solo Momò ma anche i personaggi che il bambino incontra, e lo fa con naturalezza, senza forzare il racconto. Accompagna lo spettatore nella visione di un’esistenza che non ha mai conosciuto l’abbraccio di una madre e il suo sguardo amorevole.
“Gli occhi non si possono alzare con il ricordo”.
Emerge il pensiero di Momò, la sua poca familiarità con la felicità e la sua accettazione della realtà.
“La felicità è nota per la sua scarsità. Ho sempre preferito la vita. Siamo due razze diverse io e la felicità.”
“La vita davanti a sé” è un’opera irriverente, amara eppure ironica e leggera. Una prova attoriale in cui Silvio Orlando non solo diventa Momò ma dà al pubblico se stesso.
Tratto dal romanzo La Vie Devant soi
di Romain Gary
traduzione Giovanni Bagliolo
edizione Biblioteca Neri Pozza
Direzione musicale Simone Campa
con
l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre
Simone Campa chitarra battente, percussioni
Maurizio Pala fisarmonica
Kaw Sissoko kora, djembe
Marco Tardito clarinetto, sax
scene Roberto Crea
disegno luci Valerio Peroni
costumi Piera Mura
organizzazione Maria Laura Rondanini
direttore di scena Luigi Flammia
capo elettricista Massimo Polo
fonico Gianrocco Bruno
amministratore di compagnia Vittorio Stasi
consulenza amministrativa e organizzativa Teresa Rizzo
riduzione e regia di SILVIO ORLANDO