Lingue mon amour
L’altro giorno riflettevo con una mia amica marocchina sull’importanza di sapere le lingue. Una lingua è un ponte che conduce ad un’altra cultura, ad un altro modo di vivere e ad una diversa prospettiva. In particolare, stavamo riflettendo sull’importanza delle lingue in alcuni paesi dell’Africa del Nord, ossia Marocco e Tunisia.
Secondo il sistema scolastico tunisino, gli studenti devono studiare tre lingue alle superiori e incominciarne una quarta una volta giunti all’Università. Le lingue sono dunque un obbligo, non un’opzione. Si può ovviamente discutere sui metodi (è meglio obbligare gli studenti o convincerli dell’importanza delle lingue?), tuttavia cambiando gli addendi il risultato non cambia: le lingue servono, ora più che mai. Servono a dare maggiori prospettive lavorative, con contratti migliori, con stipendi più alti (chiedetelo ai tedeschi), servono ad aprire gli occhi sulla verità di molti Paesi, soprattutto extra europei; perché non si conosce quasi nulla di ciò che sta fuori dai nostri confini europei ed occidentali. L’unico modo che abbiamo per esplorare ciò che sta al di fuori della barriera occidentale è il turismo, ossia una o due settimane in alberghi, ristoranti e siti turistici per apprendere una realtà mediata e plasmata per attrarre persone e far girare l’economia. Ecco perché va bene potenziare gli Erasmus all’Università, i progetti di Intercultura alle superiori e i corsi pubblici o privati di lingue come arabo, russo e cinese. Ecco perché è sbagliato ostacolare la crescita delle lingue a scuola, sia da parte dei genitori sia da parte degli insegnanti.
Qualche anno fa, il nostro ex Presidente della Provincia Ugo Rossi ha lanciato il progetto “scuola trilingue”, ossia italiano, inglese e tedesco, con materie scolastiche ordinarie come la matematica e la storia insegnate in un’altra lingua. Questo disegno di legge voleva incrementare la conoscenza delle lingue e fornire anche una certa proprietà di linguaggio con termini tecnici che quindi affiancavano le classiche lezioni di lingua. Questa proposta, poi diventata legge, ha incontrato parecchia resistenza del corpo docenti, perché molti insegnanti non avevano le competenze linguistiche necessarie per insegnare in una lingua straniera. Questo perché ai loro tempi non era mai stato richiesto. Ma i tempi cambiano ed è giusto che cambino quando cambiano per il meglio. Il problema non esisterebbe se il sistema scolastico potesse integrare nuovi insegnanti a quelli “vecchi” che continuerebbero ad insegnare le loro materie in italiano, ma lasciando progressivamente spazio ai cambiamenti. Perché i cambiamenti devono essere graduali e costanti per poter funzionare, altrimenti portano a caos e proteste. Per poi lasciare scontenti tutti. E non c’è materia che necessita di gradualità e continuità come l’apprendimento di una nuova lingua.
Forse dovremmo imparare dai nostri vicini tunisini, invece che rimanere fermi ai sistemi scolastici di trenta o più anni fa.
Martina Seppi
Foto di Willi Heidelbach da Pixabay