MANTA RAY, VINCITORE DELLA SEZIONE ORIZZONTI ALLA 75ª MOSTRA DEL CINEMA, NELLE SALE ITALIANE DAL 10 OTTOBRE: UN FILM SULLO SCONOSCIUTO CHE AFFASCINA CON LA SUA BELLEZZA VISIVA
UN FILM SULLO SCONOSCIUTO CHE AFFASCINA CON LA SUA BELLEZZA VISIVA
MANTA RAY, VINCITORE DELLA SEZIONE ORIZZONTI ALLA 75ª MOSTRA DEL CINEMA, NELLE SALE ITALIANE DAL 10 OTTOBRE
Manta Ray, primo lungometraggio di Phuttiphong Aroonpheng e “ Miglior film” alla sezione Orizzonti della 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, uscirà nelle sale italiane il 10 ottobre, distribuito da Mariposa Cinematografica, con il patrocinio di Amnesty International Italia.
E’ vero, il regista è un altro thailandese dal nome complicato, bisogna copincollare, ma, un po’ com’è successo al suo connazionale Apichatpong Weerasethakul per Uncle Boonmee (Palma d’oro a Cannes nel 2010), Phuttiphong Aroonpheng, l’anno scorso a Venezia, ha incantato la giuria e gli spettatori che hanno visto il suo film: converrebbe imparare, anche da lui potrebbero venire ottime cose in futuro.
Manta Ray è il primo lungometraggio di quest’autore, che così lo presenta: “ il film evoca e racconta i corpi sconosciuti che annegano nel mare della Thailandia e vengono sepolti nelle profondità della terra: sono i corpi dei rifugiati Rohingya (com’è noto, migliaia di rifugiati Rohingya ogni anno sono costretti ad abbandonare la Birmania -ufficialmente Repubblica dell’Unione del Myanmar-, perché perseguitati, e avventurarsi per mare alla ricerca di una terra più sicura che possa accettarli. Un viaggio che spesso porta alla morte, con il rinvenimento dei cadaveri annegati sulle spiagge thailandesi, ndr), la cui voce rimane inascoltata. Al contrario, questa voce non deve scomparire, né essere dimenticata. Io l’ho registrata, perché voglio che continui a esistere, nel mio film”.
Il film uscirà con il patrocinio di Amnesty International Italia. Per Riccardo Noury, portavoce dell’associazione, “è un’occasione importante per far conoscere, o ricordare, la situazione dei Rohingya, la minoranza etnico-religiosa di Myanmar che negli ultimi due anni ha subito crimini contro l’umanità – tra cui uccisioni e stupri di massa – che hanno causato l’esodo di oltre 700.000 persone”.
Del resto, ai Rohingya è dedicato in apertura Manta Ray, anche se questo dramma della cronaca e della storia dei nostri anni è solo l’innesco di un film che va oltre il cinema del reale. Cinema piuttosto dell’irreale, del surreale, dell’inconscio, dove l’immagine va oltre il contenuto e lo scaraventa nel territorio dell’onirico, della pura visione, anche dell’allucinazione.
La storia di Manta Ray comincia in una foresta vicino a un villaggio costiero: un giovane pescatore dal biondo capello ossigenato (Wanlop Rungkamjad: è un attore affermato, partecipa allo sviluppo artistico del cinema indipendente nel suo paese) s’imbatte in un uomo ferito e privo di sensi (Aphisit Hama: per questo fashion stylist e DJ è primo ruolo al cinema) e decide di prestare immediatamente soccorso, portandolo al sicuro in casa propria. Lo sconosciuto però non proferisce parola, forse è muto oppure troppo scosso dal proprio viaggio per riprendere a parlare. Il pescatore decide quindi di assegnargli il nome di una pop star thailandese, Thongchai. Da lì a poco s’instaura un forte legame tra i due, fino a quando una mattina il pescatore scomparirà in mare (ma è vera scomparsa?). Thongchai lentamente, e quasi inesorabilmente, si ritroverà a prendere il suo posto, abitando nella sua casa, vivendo del suo lavoro e convivendo con la sua ex moglie (Rasmee Wayrana: è il primo ruolo al cinema di quest’amata cantante thailandese) …
Manta Ray – che già a Venezia era stato salutato come “suadente e ipnotico, alla maniera dell’andamento dell’animale marino da cui prende il nome” – è uscito questa estate in Francia, accolto con entusiasmo dalla critica: per Le Nouvel Observateur è “una storia profondamente umanistica”, Positif scrive di “film che affascina con la sua bellezza visiva legata agli elementi naturali”, Les Inrockuptibles spera molto in questo nuovo autore ( “Manta Ray segna la nascita di una nuova speranza per il cinema tailandese” ) e Telerama non da dubbi: “un film affascinante sullo sconosciuto”. Per Variety è “Un racconto umanistico… che attira l’attenzione sulla difficile situazione della minoranza più perseguitata sulla Terra…Un cuore umanista batte forte in Manta Ray, il promettente debutto del regista e sceneggiatore thailandese Phuttiphong Aroonpheng…”.
Manta Ray, dopo aver vinto la sezione Orizzonti alla Mostra del cinema, è stato presentato in altri 18 festival, dove s’è aggiudicato ulteriori premi: Golden Gateway Award per il Miglior Film al Mumbai Film Festival, Miglior regia al Thessaloniki Film Festival, una “menzione speciale” al festival di Taipei e una “menzione speciale” della Giuria Giovani al festival di Cabourg.