“Masanto deve morire” di Jacopo Fo: un’utopia organizzata di madri combattive
Jacopo Fo ritorna sulla scena letteraria con un nuovo romanzo in cui sono evidenti i temi che da sempre accompagnano l’autore nelle sue scelte di vita personale e professionale. Fondatore della Libera Università di Alcatraz, Fo è, infatti, impegnato in battaglie civili e di solidarietà sociale. Sostenitore della politica a favore delle energie rinnovabili, l’autore in “Masanto deve morire”, edito dalla Giulio Perrone Editore, regala un’opera che pur se fittizia nella storia racconta una visione della realtà specifica.
“È lecito uccidere se lo fai in modo pacifista? Per far crollare un sospettato puoi utilizzare la tortura gentile? I nonviolenti rispettano la legge? I vegani possono bere sangue umano? I missionari con il cuore puro speculano in Borsa? Esiste un terrorismo etico? Puoi usare i social network al posto della dinamite?” queste le domande che riporta la sinossi del romanzo e questi i quesiti che il lettore si pone durante la lettura delle pagine.
Una spedizione si trasforma in un rapimento e in un caso internazionale da risolvere al più presto.
La vita dei ragazzi è in pericolo: la paura serpeggia e solo l’intervento delle madri può impedire l’inevitabile.
I ragazzi sono in Amazzonia alla ricerca di prove che possano confermare l’esistenza di una cultura contadina agricola novemila anni fa. Le prime rovine sono state scoperte e l’entusiasmo inizia a pervadere la comitiva.
I colpi di armi da fuoco squassano la foresta: l’unico a non essere rapito è Juan Ballajion, rimasto indietro rispetto al gruppo.
Sarà Juan ad allertare il mondo fuori: “hanno rapito la spedizione. Venti ragazzi. Banditi, una decina.”
Una rete di donne si attiva: i ragazzi devono essere salvati a qualunque costo.
“Erano una rete informale.
Da un certo punto di vista potevano essere definiti un’accozzaglia di idealisti, abbastanza strambi, egocentrici, disorganizzati e perennemente a corto di denaro che saltuariamente collaboravano a progetti molto originali.
La rete non era buona, né brava né intelligente, era governata dal caos delle coincidenze e dagli umori del giorno. Ma non c’era nient’altro al mondo che avrebbe potuto aiutare quelle ragazze e quei ragazzi che camminavano nella giungla umida del Sud America sotto la minaccia del caldo, degli insetti e delle armi di uomini senza grazia e senza Dio.”
Jacopo Fo, attraverso uno stile di scrittura “asciutto”, senza fronzoli, quasi visivo nello scorrere, evidenzia in Masanto deve morire, in modo utopico, la possibilità di fare gruppo tra persone sconosciute, distanti eppure umanamente vicini.
Sicuramente un’utopia pur se questi aspetti emergono anche nelle organizzazioni/associazioni che lottano per i diritti fondamentali.
La linea da non superare per le madri è la violenza ma quanto in fondo si è disposti ad arrivare per salvare i propri figli?
Le madri, donne che dell’amore hanno fatto legge e in quanto tale anche pericolo, sono disposte a tutto, ancora più che i banditi non si fanno problemi ad uccidere.
“Masanto deve morire”: è la Masanto l’organizzazione dai traffici loschi, la colpevole del tradimento. E sarà proprio la Masanto la chiave di svolta.
Un esercito di persone si mette in moto per salvare i ragazzi, intrecciando le loro esistenze nelle sale del potere, nei meandri nascosti, adoperando il corpo, la mente e i soldi.
“Le madri dei rapiti hanno creato un gruppo operativo per gestire questo dramma. Sono disperate ma agiscono in modo organizzato e razionale. Stanno provandole tutte per salvare le loro creature.”