Meredith Kercher: quando la verità non sembra così importante
«Colpevole o innocente?»
Questo è il quesito che viene posto ai passanti di Milano nel servizio del 30 aprile “Faccia a faccia con il mostro”, trasmesso dal programma Le Iene.
A presentare tale domanda insieme all’inviata Sabrina Nobile c’è anche Raffaele Sollecito il quale, dopo l’assoluzione definitiva in Cassazione nel 2015 per l’omicidio di Meredith Kercher, ha dichiarato in un’intervista a La Repubblica di voler essere riconosciuto innocente anche dall’opinione pubblica.
Tuttavia, il servizio sembra non aver raccolto il favore degli spettatori. Tra i commenti emersi nella pagina Facebook della trasmissione di Italia uno, emerge infatti la disapprovazione di numerosi utenti che sottolineano il mancato bisogno di un simile reportage e la mancanza di rispetto degli autori nei confronti della vittima e della sua famiglia.
In effetti, è difficile considerare come vittima una persona che, nonostante le circostanze, ha comunque ottenuto dei vantaggi per via della sua esposizione mediatica: Sollecito, oltre a lavorare come ingegnere informatico ed elettronico, ha aperto un blog e dall’aprile 2016 è opinionista fisso della trasmissione di TGcom24 “Il giallo della settimana”, mentre Amanda Knox ha partecipato nel 2008 al cortometraggio documentaristico “L’ultima città” e nel 2016 al documentario Netflix “Amanda Knox che racconta il delitto di Perugia secondo il suo punto di vista”.
Inoltre, come è stato dichiarato in un’intervista del Daily Mail a Stephanie Kercher, i film e i documentari sulla vicenda hanno sempre avuto come focus principale i due allora principali sospettati, dimenticando l’elemento più importante del caso, ossia la vittima: sua sorella Meredith.
Anche Jack Kercher, padre della ragazza nonché scrittore e giornalista, aveva espresso questo punto di vista già nel 2012 in un suo articolo pubblicato sempre sul Daily Mail per presentare il suo libro “Meredith: l’omicidio di nostra figlia e la straziante richiesta di verità”: «Io e la mia famiglia ci troviamo in un limbo che sospetto non finirà mai» ha dichiarato l’uomo aggiungendo poi che, nonostante il processo riguardi la morte di sua figlia, i media si sono fin da subito concentrati sull’allora presunta colpevole, Amanda Knox : «Sono stati scritti libri ed è stato anche fatto un film per la televisione su di lei. Come se si fossero quasi dimenticati di Meredith». Kercher, quindi, si era augurato che il suo libro (che sarà pubblicato pochi giorni prima dell’autobiografia della Knox) attirasse nuovamente l’interesse dei media sulla figlia, per fare in modo che la sua immagine non venisse travolta da quella dei due ragazzi allora sotto indagine: «Solo perché ha avuto una morte orribile è per caso troppo chiedere di celebrare la sua vita?».
Purtroppo, se i mass media inglesi continuano a raccogliere gli appelli e gli sfoghi inascoltati della famiglia di Meredith, quelli italiani e americani si sono sempre concentrati sui potenziali colpevoli.
Nel corso degli anni sono incalcolabili le loro interviste, indiscrezioni e apparizioni televisive.
Di recente, ora che Amanda Knox è ritornata negli Stati Uniti subito dopo l’assoluzione, è stato soprattutto Raffaele Sollecito ad attirare l’attenzione della stampa. Nel febbraio di quest’anno, i suoi legali hanno presentato (senza ottenerla) una richiesta di risarcimento danni allo Stato pari a 500.000 euro per ingiusta detenzione presso la Corte Suprema di Firenze. In seguito, ad aprile, Sollecito ha fatto causa ai giudici che all’epoca lo avevano ritenuto colpevole dell’omicidio di Meredith, chiedendo in questo caso un risarcimento di 3 milioni di euro. «Hanno stravolto e distrutto la mia esistenza (…) Perciò, quantomeno, credo che possa chiedere delle spiegazioni allo Stato di tutta questa vicenda» aveva detto il ragazzo in un’intervista a Il Dubbio.
Infine, numerose dichiarazioni in cui il leitmotiv è sempre lo stesso e da cui Sabrina Nobile avrà avuto l’ispirazione per il suo servizio: anche gli italiani devono riconoscere la sua innocenza.
Intanto, una ragazza inglese di 22 anni, ormai morta da dieci e dimenticata da un sistema affamato di voyeurismo, macabri particolari e affannata ricerca dello scoop sta ancora aspettando la giustizia che merita e che forse difficilmente otterrà.
Molte domande rimangono: Cos’è successo davvero quella notte di novembre? Perché tutte quelle défaillance e omissioni durante le indagini? E Rudy Guede, attualmente in carcere per concorso in omicidio, con chi ha agito? In questo marasma di dichiarazioni, ritrattazioni, supposizioni e versioni proprie dei fatti, sembra quasi impossibile distinguere il vero dal falso e le possibilità di sapere finalmente la verità più che mai remote.
«Se Dio tenesse nella mano destra tutta la verità e nella sinistra il modo di scoprirla, io sceglierei la sinistra». (Gotthold Ephraim Lessing)