Parole al silenzio. Le ultime sul silenzio: dare parole al silenzio in musica e cinema
Parole al silenzio: siamo esseri umani che hanno un bisogno, dare al silenzio il suo contributo e affidare parole al silenzio per comunicare completamente.
Parole al silenzio: siamo esseri umani che hanno un bisogno, dare al silenzio il suo contributo e affidare parole al silenzio per comunicare completamente.
Il silenzio nella musica?
Sembra un ossimoro.
Esiste silenzio nella musica? Esiste musica nel silenzio?
Riccardo Chailly, direttore dell’orchestra del Teatro alla Scala afferma convinto: “Eppure se il silenzio lo cerchi non è un vuoto, non dà un senso di ansia, angoscia, paura. Al contrario è un pieno. Un privilegio, un dono, perché ti lascia sconfinare, ti spinge alla riflessione, al pensiero”.
Conferma quel che andiamo dicendo – il silenzio è un pieno, permette la conoscenza di sé e dell’altro – e afferma altresì quello che sembra un ossimoro: la musica è silenzio.
La voce del silenzio.
La voce del silenzio interprete Mina
Il suono del silenzio.
The Sound of Silence di Paul Simon
Lyrics:
Hello darkness, my old friend
I’ve come to talk with you again
Because a vision softly creeping
Left its seeds while I was sleeping
And the vision that was planted in my brain Still remains
Within the sound of silence
In restless dreams I walked alone
Narrow streets of cobblestone
‘Neath the halo of a street lamp
I turned my collar to the cold and damp When my eyes were stabbed by the flash of a neon light
That split the night
And touched the sound of silence
And in the naked light I saw
Ten thousand people maybe more
People talking without speaking
People hearing without listening
People writing songs that voices never shared
No one dared
Disturb the sound of silence
“Fools,” said I, “you do not know
Silence like a cancer grows
Hear my words that I might teach you
Take my arms that I might reach you
But my words like silent raindrops fell
And echoed in the wells of silence
And the people bowed and prayed
To the neon god they made
And the sign flashed out its warning
In the words that it was forming
And the sign said “The words of the prophets are written on the subway walls And tenement halls
And whispered in the sound of silence
Traduzione di Il suono del silenzio
Ciao oscurità mia vecchia amica
sono venuto di nuovo a parlare con te
perché una visione si è insediata dolcemente,
ha lasciato i suoi semi mentre stavo dormendo
e la visione
che è fissa nella mia mente
rimane ancora
nel suono del silenzio.
In sogni irrequieti percorrevo da solo
strette strade acciottolate,
nell’alone di un lampione stradale,
alzai il bavero al freddo e all’umidità
quando i miei occhi furono colpiti
dal lampo di una luce al neon
che separò la notte
e toccò il suono del silenzio.
E nella nuda luce vidi
diecimila persone, forse più.
Persone che parlano senza dir niente
persone che sentono senza ascoltare
persone che scrivono canzoni
che nessuna voce canterà
e nessuno oserà
disturbare il suono del silenzio
“Sciocchi” dissi io “Voi non sapete:
il silenzio cresce come un cancro.
Ascoltate le mie parole perché io possa insegnarvi
afferrate le mie braccia perché io possa abbracciarvi.”
Ma le mie parole
caddero come silenziose gocce di pioggia
ed echeggiarono
nelle sorgenti del silenzio
E le persone si prostrarono e pregarono
il dio al neon che avevano creato.
E il segno gridò irosamente il suo avvertimento
nelle parole che stava pronunciando
e il segno disse “Le parole dei profeti sono scritte
sui muri della metropolitana
e sui palazzi”
E sussurrò nel suono del silenzio
L’immagine del silenzio.
Da Fuorischermo riprendo in parte un articolo di Ezio Alberione, sul ruolo del silenzio nel cinema, nella vita e nell’arte.
<<Il silenzio – richiamato nel titolo del film di Groning – è la trama su cui si innesta la relazione tra linguaggio, io e mondo. Merleu-Ponty voleva “prendere in considerazione la parola prima che sia pronunciata, sullo sfondo del silenzio che la precede, che non cessa di accompagnarla e senza il quale essa non direbbe nulla”, e invitava a rendersi ” sensibili a quei fili di silenzio di cui il tessuto della parola è intramato”. Una consapevolezza ben presente ai poeti e ai mistici (Ireneo, un padre della Chiesa, dice che il Figlio, la Parola, esce dal silenzio di Dio).
Solo a partire da queste “fondamenta”, è possibile considerare le occorrenze fenomenologiche del silenzio. E scoprire che paradossalmente, il silenzio parla con molte voci. Ce n’è uno prezioso (il silenzio è d’oro) e uno che indica penuria (silenzio di tomba). E’ afasia e incapacità di intendere ma anche apertura e disponibilità all’ascolto. E’ annientamento, negazione (le lingue morte) ma anche tensione, attesa (vedi la suspense silenziosa della ladra Marnie a cui sta per cadere una scarpa dalla tasca o il fonico di Lisbon Story che registra il suono dell’assenza dell’amico). C’è quello passivo (chi tace acconsente) e quello attivo, di chi si oppone (Cicerone nella Pro Sestio, parla di tacentes loqui videbantur, persone che nel loro tacere sembravano parlare) o di chi non vuole parlare (No comment). Maggioranze silenziose e minoranze ridotte al silenzio. Reticenze e inaffidabilità… Continua su: http://fuorischermo.net/Inmemoriadimezoom.html
Il frammento del silenzio.
Roland Barthes amava il frammento, l’immagine fissa, “La fotografia dev’essere silenziosa” scriveva. Posta davanti a sé, l’immagine, solo così si produce l’estasi temporale di chi la osserva. Solo così si gioca la propria soggettività immergendosi nell’immagine fotografica: quel “non dire niente, chiudere gli occhi, lasciare che il particolare risalga da solo alla coscienza affettiva.”
“Chiudere gli occhi, è far parlare l’immagine nel silenzio” (Roland Barthes (1980), La camera chiara, Nota sulla fotografia).
Il cinema è un pieno di immagini e di suoni.
Una immagine filmica non è silenzio, il silenzio si può produrre se l’immagine si ferma, è fissa; allora sì, ti fa chiudere gli occhi per un attimo e sospende il tempo, realizza il silenzio.
In 400 colpi di Francois Truffaut l’immagine finale, il singolo fotogramma, è il vuoto, il silenzio, la crepa che rende affiorabile il sé personale, il chiudere gli occhi di Barthes.
400 colpi Francois Truffaut
https://www.youtube.com/watch?v=HCVHGqZf7Nk
Il silenzio è artificio?
Il silenzio è supremo artificio nel cinema come anche l’immagine. Sono prodotti, si svendono, quando le hai viste le hai viste con occhi non nuovi, i tuoi.
In Lisbon Story di Wim Wenders c’è una soluzione per il recupero del silenzio: un’immagine mai veduta neanche da chi l’ha girata. E questa può restituire uno sguardo nuovo su un mondo esistente. Il suo silenzio, la sua verità. Riporto il monologo del filmaker Friedrich Munro, amico di Philip Winter, il fonico…
«Le immagini non sono più quelle di un tempo. Impossibile fidarsi di loro. Lo sappiamo tutti. Lo sai anche tu.
Mentre noi crescevamo le immagini erano narratrici di storia e rivelatrici di cose. Ora sono tutte in vendita con le loro storie e le loro cose. Sono cambiate sotto i nostri occhi. Non sanno più come mostrare noi.
Hanno dimenticato tutto. Le immagini vengono vendute al di là del mondo, Winter, e con grossi sconti. […] Io amo davvero questa città. Lisboa e c’è stato un tempo che io veramente l’ho vista di fronte ai miei occhi.
Ma puntare una cinepresa è come puntare un fucile e ogni volta che la puntavo mi sembrava come se la vita si prosciugasse dalle cose. E io giravo, giravo, ma ad ogni colpo di manovella la città si ritraeva. Svaniva sempre di più, sempre di più. Come il gatto di Alice.
Nada! Stava diventando insopportabile. Dio, lo spavento che mi ha preso. A questo punto ho cercato il tuo aiuto.
E per un po’ ho vissuto con l’illusione che il suono potesse salvare il giorno, che i tuoi microfoni potessero strappare le mie immagini dalle loro tenebre.
No, non c’è speranza. Non c’è speranza per nulla, Winter. Non c’è speranza, Ma questa è la strada Winter e io voglio percorrerla. Ascolta.
Un’immagine che non sia stata vista non può svendere nulla. È pura e perciò vera e meravigliosa. Insomma innocente. Finché nessun occhio la contamina è in perfetto unisono con il mondo. Se nessuno l’ha guardata, l’immagine è l’oggetto che rappresenta, sono uno dell’altra.
Sì, una volta che l’immagine è stata vista l’oggetto che è in essa muore. Ecco, Winter, la mia biblioteca delle immagini non viste.
Ognuno di questi nastri è stato girato senza che nessuno guardasse attraverso la lente, Nessuno li ha visti mentre venivano impressi. Nessuno, dopo, che li abbia controllati.
Tutto quello che ho ripreso, l’ho ripreso alle mie spalle. Queste immagini mostrano la città com’è e non come vorrei che fosse. Insomma queste sono nel primo dolce sonno dell’innocenza. Pronte per essere scoperte da generazioni future con occhi diversi dai nostri. Non preoccuparti amico saremo morti da un pezzo».
Lisbon Story di Wim Wenders
https://www.youtube.com/watch?v=bnic-RG1h_g
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