Recensione del film “2067” del regista Seth Larney in concorso al Trieste Science+Fiction Festival.
“2067” è una delle opere cinematografiche in concorso al Trieste Science+Fiction Festival.
Il film, del regista Seth Larney, ci racconta un futuro sull’orlo del collasso: la quantità d’ossigeno, necessaria alla sopravvivenza dell’umanità, si è drasticamente ridotta. Il caldo, la deforestazione, le inondazioni hanno reso la Terra un posto ostico su cui abitare. La persone muoiono, le città sono deserte e tutta la popolazione si riversa sull’unico luogo non completamente al buio.
Chronicorp, società leader mondiale nella fornitura di ossigeno sintetico, cerca una soluzione al problema, che, tuttavia, sembra difficile da trovare.
Per la società, come operaio, lavora Ethan (Kodi Smit-McPhee). Il giovane ha una moglie malata, Xanthe, e la necessità di guadagnare più soldi per curare la donna, le cui condizioni di salutano continuano a peggiorare drasticamente a causa della mancanza di ossigeno.
Una speranza per l’umanità, tuttavia, sembra giungere dal futuro, nello specifico da 407 anni dopo.
La Chronicorp, infatti, nel cui comparto 20 anni prima era a capo il padre di Ethan, è riuscita a costruire una macchina del tempo quantistica e a inviare delle onde radio nel futuro.
L’anno 2474 ha restituito un chiaro messaggio: “Mandate Ethan White”.
Il giovane appare, suo malgrado, essere l’unica salvezza per l’umanità, trovandosi costretto a compiere una scelta fatidica: abbandonare la moglie e partire per il futuro.
Ethan, tuttavia, non è un eroe, ma solo un uomo arrabbiato e fragile: il rapporto con il padre che è scomparso 20 anni prima misteriosamente e le labili condizioni di salute della moglie sembrano essere le sue sole priorità.
Sarà Xanthe, con la sua fede incrollabile, a convincerlo a compiere la sua missione da cui potrebbe non ritornare mai più.
Il regista in “2067” sembra voler raccontare, più che un viaggio dai toni epopeici, un percorso intimo che affonda nella paura, nella speranza e nella fede.
La ricerca di una cura appare, fin da subito, un mistero difficile da svelare.
La natura, nel futuro, ha, infatti, preso il sopravvento sull’uomo, uccidendo le sue costruzioni e la sua esistenza: il problema non è, quindi, la mancanza di ossigeno bensì le azioni compiute che hanno condotto alla scomparsa della vita.
Piuttosto che edificare e proteggere l’essere umano ha distrutto e ucciso.
“Bisogna solo avere fede”: oggi più che mai appare un monito. Riuscirà l’uomo a non essere fautore della sua scomparsa?
Mentre la natura, da sempre, si rigenera, riuscendo a germogliare, anche, nella distruzione, l’uomo, troppo fallace e fragile, rischia l’estinzione totale se non comprende come convivere con l’universo.
“2067” è un film gradevole e di facile fruizione: ripercorre nella scelta della musica e in alcune inquadrature un cinema prettamente americano, riuscendo, tuttavia, ad apparire interessante, se pur non originale per sceneggiatura e realizzazione.
Sceneggiatura/Screenplay Seth Larney
Fotografia/Cinematography Earle Dresner
Montaggio/Editing Sean Lahiff
Musica/Music Kirsten Axelholm, Ken Lampl
Interpreti/Cast Kodi Smit-McPhee, Ryan Kwanten, Deborah Mailman, Aaron Glenane
Produttori/Producers Kate Croser, Lisa Shaunessy, Jason Taylor
Produzione/Production Arcadia
Distribuzione internazionale /International Distribution XYZ Films
Distribuzione italiana /Italian Distribution Koch Media