Recensione del film “Bohemian Rhapsody” del regista Bryan Singer.
Lingua originale | inglese |
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Paese di produzione | Stati Uniti d’America, Regno Unito |
Anno | 2018 |
Durata | 134 min |
Rapporto | 2.39:1 |
Genere | biografico, drammatico, musicale |
Regia | Bryan Singer, Dexter Fletcher (non accreditato) |
Soggetto | Anthony McCarten, Peter Morgan |
Sceneggiatura | Anthony McCarten |
Produttore | Jim Beach, Graham King |
Produttore esecutivo | Dexter Fletcher, Justin Haythe, Arnon Milchan, Denis O’Sullivan, Jane Rosenthal, Bryan Singer |
Casa di produzione | GK Films, New Regency Pictures, Queen Films Ltd., TriBeCa Productions |
Distribuzione in italiano | 20th Century Fox |
Fotografia | Newton Thomas Sigel |
Montaggio | John Ottman |
Musiche | John Ottman |
Scenografia | Aaron Haye |
Costumi | Julian Day |
Trucco | Charlie Hounslow |
Interpreti e personaggi | |
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Si dice che il miglior modo di vedere un film sia andare al cinema; e che il modo migliore di gustare il film al cinema sia il cinema all’aperto. Sono totalmente d’accordo.
Recentemente ho avuto la grande emozione di vedere il capolavoro “Bohemian Rhapsody” sotto le stelle, immersa nell’ottima acustica di un cortile scolastico. Cercherò di non rivelare troppi spoilers (anche se immagino che la maggioranza degli italiani abbia visto il film almeno una volta), ma credo che il modo migliore di illustrarlo siano le parole della critica italiana: We Will Rock You. Perché questo film riesce a fare esattamente questo: il rock la fa da padrone sempre, anche quando i dialoghi tra protagonisti sembrano non averci nulla a che fare.
Complimenti a Rami Malek per il playback eccezionale e alla regia per le riprese dei musicisti e per l’allestimento del grande spettacolo del Live Aid a fine del film. Perché quest’opera racconta tante storie contemporaneamente: la storia d’amore tra Freddie e Mary, la scoperta della sua sessualità, il rapporto tra Freddie e la sua famiglia Parsi, il rapporto turbolento con i membri dei Queen, l’estro artistico di tutti i membri della band, l’AIDS e le riproduzioni fedeli dei loro concerti, in particolare del Live Aid. Mentre ci si gode gli ultimi 20/25 minuti del film sembra di essere a Londra ad assaporare il gruppo rock, si diventa parte del pubblico, quello vero, quello che ha applaudito e cantato con i Queen e con gli altri grandi artisti che si sono esibiti a sostegno dell’Africa.
Un film che inizia e finisce a suon di adrenalina, dalle note di “Somebody to Love” a “We Are the Champions”, passando per la canzone simbolo del film: “Bohemian Rhapsody”, che cercava di unire diversi stili di musica e armonizzarli con il rock, per dare alle persone uno spettacolo completo, operistico, che avrebbe fatto sognare il pubblico.
Mi ha colpito molto la sicurezza di Freddie Mercury nel modo di gestire i rapporti nella band e con i managers, soprattutto quando agli inizi, neanche gli stessi membri della band credevano che avrebbero sfondato tra le centinaia di complessi rock in Gran Bretagna e nel mondo, e durante la battaglia per far passare “Bohemian Rhapsody” in radio.
Un film che fa innamorare del genere rock, che riaccende l’amore per il rock e che riesce a portare il pubblico indietro nel tempo in modo assolutamente realistico.
Martina Seppi