Recensione dello spettacolo “MISTERO BUFFO” con UGO DIGHERO.
Spazio del Racconto
rassegna di drammaturgia contemporanea 2019/2020
UGO DIGHERO
MISTERO BUFFO
DI DARIO FO
REGIA
UGO DIGHERO
PRODUZIONE TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
10-13 OTTOBRE 2019
TEATRO BRANCACCINO
dal giovedì al sabato ore 20.00; domenica ore 18.45
Ugo Dighero rivisita nella sua chiave personale due grandi monologhi di Dario Fo: “Il primo miracolo di Gesù bambino” e “La parpàja topola”. Tra i più famosi del repertorio di Fo, questi due brani uniscono un grande divertimento a un forte contenuto, il tutto condito con la leggerezza e la poesia tipici dei racconti dell’autore italiano più rappresentato nel mondo. Il ritmo incalzante e l’interpretazione simultanea di tutti i personaggi delle due storie consentono a Dighero di mettere in campo le sue brillanti capacità attoriali, dando vita a una galoppata teatrale che lascia senza fiato.
Recensione
Ugo Dighero riesce con perfezione a riportare a nuova luce “Mistero Buffo” di Dario Fo.
Sceglie, nello specifico, di raccontare al pubblico due storie, due monologhi: “Il primo miracolo di Gesù bambino” e “La parpàja topola”. Sono due racconti con tematiche differenti, accumunate dello stesso linguaggio: l’uso della lingua grammelot [pronuncia incerta; la voce forse è presa in prestito dal francese, ma d’origine imitativa e forse derivata dal veneziano, è uno strumento recitativo che assembla suoni, onomatopee, parole e foni privi di significato in un discorso. Probabilmente deriva dal francese grommeler (borbottare)].
Il grammelot è condito con la gestualità e la mimica, consentendo allo spettatore di comprendere pienamente la storia.
Il primo monologo “Il primo miracolo di Gesù bambino” inizia presentando i 3 re magi, di cui “uno era così nero che il suo cammello grigio appariva più bianco del cavallo bianco”.
I tre re magi si stanno recando a Betlemme per la nascita di Gesù Bambino. Dopo la nascita e il trascorrere di alcuni anni vi è “La fuga in Egitto”. Gesù che è palestinese e quindi straniero, viene allontanato dagli altri bambini che non lo fanno giocare; ecco quindi che decide di strabiliarli con un miracolo per farsi accettare. Rende gli uccelli di creta veri, facendoli volare. I bambini lo accettano finché non arriva il figlio del padrone, un piccolo despota, che distrugge tutti gli uccellini. Gesù, triste, si rivolge al padre, a Dio, chiedendogli di punire il bambino e di fulminarlo. Dio si rifiuta e Gesù compie la sua vendetta da solo: fulmina il figlio del padrone. Solo l’arrivo della Madonna costringerà Gesù a resuscitare il bambino.
Il monologo è ilare: Dario Fo, come spiegato da Ugo Dighero, rappresenta attraverso i suoi testi chi utilizza la religione per proprio tornaconto personale e lo fa utilizzando il grottesco e l’ironia.
Il secondo racconto, alla “Forrest Gump” è “La parpàja topola” e porta in scena la vicenda di un giovane capraio Giavan Pietro, che cresciuto con la sola compagnia del padrone misogino, cresce con la paura delle donne. Quando il padrone muore lasciandogli tutte le sue ricchezze in eredità si ritroverà conteso da tutte le donne del paese. L’incontro con Alessia, la ragazza più bella del paese che vive una relazione clandestina con il prete, gli farà cambiare idea sulle donne e sulla loro pericolosità.
La madre di Alessia, infatti, saputo della relazione della figlia con il prete, costringerà quest’ultimo a trovarle un marito ricco e il prete le proporrà Giovan Pietro, combinando il matrimonio tra i due. Giovan Pietro, colpito dall’estrema bellezza di Alessia, accetterà. Il problema, tuttavia, sopraggiunge dopo le nozze, in quanto Giovan Pietro è totalmente ignorante riguardo alle donne e alla loro conformazione fisica: è, infatti, convinto che la “parpàja topola”, fonte del piacere, sia qualcosa di mobile e per tutta la notte camminerà per cercare quella della sua Alessia, che erroneamente lui ha perduto. Solo la lungimiranza di Alessia, che si accorgerà dell’ingenuità di Giovan Pietro e della sua bontà, farà giungere quest’ultimo alla risoluzione della sua nottata e al piacere.
Ugo Dighero, nonostante il “colpo della strega” che lo ha colpito pochi giorni prima dello spettacolo, riesce a rendere vivo ogni racconto, materializzandolo davanti a noi e trascinandoci con l’immaginazione nello straordinario mondo di Dario Fo.