“TI AMO MARIA” al Teatro Tor Bella Monaca dal 25 al 27 novembre 2021

Teatro Tor Bella Monaca – Sala piccola

Via Bruno Cirino, 5 – Roma

Dal 25 al 27 novembre 2021

Giovedì 25,  ore 21 – Venerdì 26,  ore 21 -Sabato 27,  ore 17,30 e 21

STEP MEDIA      CLAUDIO MONZIO COMPAGNONI     ASS. LUOGHI COMUNI

PRESENTANO

TI AMO, MARIA!

di 

Giuseppe Manfridi

con 

Giulia Bornacin    e    Stefano Scaramuzzino

Regia di Luca Gaeta

Fotografia  Loredana Pensa

Grafica Daniele e Valeria De Leo 

Elaborazione digitale Tina Tripodo

 

Lo spettacolo teatrale del commediografo Giuseppe Manfridi dal titolo “TI AMO MARIA” vedrà la partecipazione in scena di Giulia Bornacin e Stefano Scaramuzzino, con la regia di Luca Gaeta e debutterà al Teatro Tor Bella Monaca di Roma il giorno 25 in concomitanza con la Giornata Mondiale contro la violenza sulla donna. Tra gli ospiti i senatori Valeria Fedeli (ex Ministro della Pubblica Istruzione), Achille Passoni, la Presidente del IX Municipio Titti Di Salvo e lo stesso autore.

Un tema di stretta attualità sul quale crediamo sia sempre importante tenere alta l’attenzione anche attraverso iniziative di carattere culturale come il teatro che può e deve farsi promotore di continue e attente riflessioni per un sempre maggiore impegno civile al fine di educare ai giusti comportamenti.

SINOSSI 

In un piccolo centro, Maria lavora in un’agenzia immobiliare, vive da sola, e da qualche tempo ha la sensazione di essere pedinata. A casa riceve strane telefonate che la mettono a disagio. Molto nervosa, rompe la relazione con un ragazzo, rifiuta le avances di un corteggiatore, cerca svago nella casa di campagna di due amici, poi un giorno capisce il motivo di quelle chiamate. Ricompare Sandro, pianista jazz l’uomo con cui, dieci anni prima, aveva avuto una travolgente storia d’amore. Sandro suona il piano in un locale, ma è chiuso e introverso e spesso si ferma sul pianerottolo ad aspettare Maria. Lei cerca di non incoraggiarlo, impermeabile a ogni allusione e profferta chiede aiuto al suo ex ragazzo, il quale però deve subire un attacco di gelosia di Sandro. Maria è sempre più preoccupata, ma una mattina sul muro del palazzo trova scritto a grossi caratteri Ti amo Maria. La sincerità dell’uomo la convince a tentare di cominciare una nuova storia con lui. Ma, forse,  lei è fragile, un po’ masochista e succube, così, nel finale, sembra disposta a spezzare la barriera dell’incomunicabilità e offrire una possibilità per placare la disperazione dell’uomo, in un movimento circolare di contrapposizione vittima/carnefice. Una mattina sente suonare alla porta, va ad aprire e nell’ascensore si consumerà l’ultimo atto dell’ossessione di Sandro, incapace di affacciarsi sulla felicità.

 

NOTE DI REGIA

Un pianerottolo in salita come fosse una scala cronologica o misuratore d’amore o il simbolo della fatica di vivere.

La scena quasi bidimensionale ma distorta. Tutto è distorto se l’amore è una malattia.

Due porte; una in basso: inferno di solitudine, l’altra alta: dove prosperano in potenza le idee di amore. Nel mezzo un ascensore: un grigio freddo e lucente luogo dove salire o scendere nei sentimenti della vita. Un purgatorio in terra.

Due attori che si muovo lungo questo asse, come sotto tiro. Schiacciati alla parete delle loro dinamiche sentimentali.

Pupazzi in mano alla storia. Storia che è il giudizio dello spettatore.

Amore malato. Maria, il più alto dei nomi per una donna, è l’essenza simbolica della grazie che perdona. Ma Maria è anche la più grande la peccatrice della storia. 

Allora il nome si fa duale. Amore beato, amore di sangue e peccato, di carne e violenza. In mezzo un uomo troppo piùgrande. Troppo più malmesso. Un cane solitario che forse non sa neanche piùmordere, ma solo abbaiare. Troppo sbagliato per essere quell’amore ideale, idealizzato. Troppo terreno. Troppo bambino immaturo. Chiuso nel suo mondo legato ad oggetti feticcio.

L’amore è un feticcio?

Forse qui l’amore è come un veleno, un veleno che deforma il tempo e lo spazio e la logica dei sentimenti, dei ricordi, delle cose fisse e delle cose molli, della luce, delle persone. L’amore che deforma ogni punto di vista. 

L’amore diventa così violenza. L’amore allora muore.

In un mondo fratturato due corpi restano uguali perché le vittime non cambiano mai.

Le vittime restano sempre identiche a se stesse.

Ma in questo mondo, dove l’esistenzaèquesto claustrofobico passaggio su di un unico pianerottolo, vittime e carnefici sono uguali. 

E le vittime hanno bisogno di un crimine per essere tali.

Allora questo crimine va indagato. Un crimine è sempre un mistero incomprensibile che ha bisogno di elementi, elementi che sono sparsi nel tempo.

Elementi imprecisi che vanno raccolti come in una scatola degli oggetti smarriti, oggetti e momenti che vanno guardati attentamente come in un confronto all’americana. Un puzzle da ricomporre in mano al pubblico, che come un detective, assemblerà la storia sparsa nel tempo e nello spazio scenico, in questo caso ridotto ad una visione da cubismo analitico, utile a guardare la storia da più parti, da più punti di vista, fatta di realtà distorte. Picasso che incontra Nolan si potrebbe azzardare. 

Perché l’amore è il mistero più grande. La malattia più forte. L’ultima possibile prima della fine.

 

NOTE DELL’AUTORE

Ti amo, Maria! è una bruciante storia d’amore. Un uomo si apposta, ubriaco e stravolto da una passione rinata all’improvviso, dinanzi alla porta di una donna persa nel tempo e che, a ritrovarsi quello strano individuo di fronte, quasi stenta a riconoscerlo. “È ricominciato con un sogno, con un sogno che mi ha rimesso voglia.” dice lui, strafottente. A questo primo incontro ne seguiranno molti altri e sempre lì, in quella terra di nessuno che è il pianerottolo di un qualsiasi palazzo di una qualsiasi città. Maria si ribellerà, rifiuterà, urlerà, ma non servirà a nulla. L’assedio di Sandro è impietoso e struggente. Maria dovrà soggiacervi. La lotta si trasformerà in complicità ma il connubio che ne scaturisceè consentito solo dalla natura clandestina, quasi criminale, di quegli incontri. I notturni della commedia sono scanditi da un jazz lacerante che ribadisce l’altro invasamento di Sandro: quello per la musica, per quella musica nella quale egli avrebbe tanto voluto eccellere senza mai esservi riuscito. Di scena in scena, i dialoghi che si intrecciano fra i due amanti di un tempo si faranno sempre più serrati e graffianti, e gli sviluppi della vicenda si tingeranno di pathos sino a un esito finale imprevedibile che ha quasi il sapore del giallo. 

Giuseppe Manfridi

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