Vince il Premio Oscar “Green Book”: Tony Vallelonga, l’italiano che tutti pensiamo di essere
Oscar: premiati i buoni sentimenti e l’integrazione sociale con la vittoria del film “Green Book”
È stato Green Book ad essere premiato, nella notte degli Oscar, come miglior film, generando grande sorpresa tra gli spettatori. Se ci sia stato un messaggio occulto, un segnale verso la tolleranza e l’accettazione della diversità, durante la famosa notte delle stelle di Hollywood, non lo sappiamo con certezza. Quello che sappiamo è che questo film, strepitoso, aveva la ricetta giusta per essere un successo: una storia vera, che si sviluppa attraverso le trame dell’America degli anni ‘60, fatta di razzismo, problemi sociali, povertà. I due protagonisti sono due uomini molto lontani, con personalità che si scontrano per tutto il film creando scintille, siparietti divertenti e silenzi che costringono lo spettatore a riflettere. Le lunghe pause di riflessione, infatti, del protagonista Don Shirley, ci lasciano un forte senso di amaro in bocca, in pieno contrasto con le dinamiche divertenti e sopra le righe che innesca in continuazione il suo compagno di viaggio, Tony Vallelonga. A fargli da sfondo, l’alternanza di paesaggi incorniciati da boschi autunnali e cittadine americane retrò, vestiti anni 60, la musica jazz.
Un epoca e una disumanità che ci sembrano lontani, ma che non vanno dimenticati
Se da un lato ci lasciano spiazzati il razzismo e l’intolleranza dell’America di quegli anni, dall’altra parte restiamo ammaliati dalla semplicità e leggerezza con cui affronta la vita Tony Vallelonga, o Tony Lip, un italiano cresciuto negli Usa che riesce a cavarsela in ogni situazione, sfruttando l’astuzia e la prestanza fisica. Rappresenta in questo modo il modello di italiano che tutti immaginiamo di essere: sorridente, sempre pronto a scherzare, a volte un po’ esagerato e con una grande passione per il mangiare. Non solo, Tony è una personalità indipendente, non è interessato a quello che succede intorno, vive per se stesso e per la sua famiglia, e non rispetta i tabù che gli vengono imposti. È con questa mentalità che arriva a vedere oltre, dall’inizio del film, l’aspetto di Don Shirley: bastano pochi momenti insieme per vedere l’uomo geniale, ma anche tremendamente solo, spaventato, che si nasconde dietro il grande pianista. Una figura destinata a non essere accettata, come dirà lui stesso durante il film, né dalla sua gente, né dai “bianchi”, che vedranno in lui sempre un “nero per intrattenerli” e non il vero professionista quale è. L’amicizia con Tony permetterà a Shirley di imparare a condividere il peso che porta sulle spalle, quello di un uomo che convive con il razzismo e la cattiveria delle persone intorno a lui. A sua volta, l’italianissimo Tony, si dimostrerà in grado di andare oltre l’intolleranza dei suoi contemporanei, sorprendendo anche se stesso e accogliendo l’artista nella sua vita, fino ad invitarlo a passare la vigilia di Natale con la sua famiglia. Con l’aiuto del pianista imparerà che a volte l’educazione e la calma, la superiorità, sono le armi migliori per affrontare una categoria di persone accecate dall’odio e dall’ignoranza e che non sempre la violenza paga.
Conoscere il prossimo e tendergli una mano: per cambiare il mondo basta poco
Bisogna essere fieri della vittoria di questo film, e essere fieri dell’immagine che regala dell’italiano tipo, restituendoci il ruolo di persone ospitali e generose. Sarebbe il caso di andare dal vero Tony Vallelonga (il cui figlio Nick ha partecipato alla produzione del film) e ringraziarlo per questa dimostrazione di umanità e amicizia. Sarebbe il caso di andare da Don Shirley e lodarlo per il coraggio dimostrato. Una lezione che servirebbe a tutti noi, troppo presi a parlare forse di Europa e Ong per renderci conto che le buone azioni partono dai piccoli gesti, che in questo mondo siamo tutti uguali e abbiamo tutti bisogno di un amico su cui contare. Guardiamo questo film e ricordiamoci che chiunque di noi può essere Tony Vallelonga e rendiamoci conto che siamo circondati, purtroppo, da persone sole, vittime di un’intolleranza immotivata.